“Buongiorno, ecco, secondo me lei sta sbagliando proprio tutto”. Bene, cominciamo bene. Ho iniziato a mettere mano all’inchiesta da pochi giorni, non so quale strada imboccare per prima, mi sono fatta dieci diversi programmi di lavoro, finiti tutti puntualmente nel cestino della carta. E ora sono seduta al tavolino di un bar con una professoressa universitaria di geologia, che mi sta dando il colpo definitivo.
“Non mi guardi così, dico solo che forse dovrebbe cambiare prospettiva. Vede, io sono abituata a lavorare in piccola scala. Faccio analisi chimiche, studio le composizioni dei minerali al microscopio. Ma da un piccolo frammento di terra, posso capire qual è la storia di uno spazio molto più grande. Deve essere così un po’ anche il giornalismo no?”.
Il grande fiume, mi dice, è ormai un ecosistema fragile: non piove per mesi, lasciando i campi a secco, e poi d’un tratto l’acqua invade le golene, raggiungendo le case e facendo crollare gli argini. È come il corpo di un uomo, con tutta la sua forza e la sua fragilità. Se è sano, nulla lo potrà toccare. Ma se è diabetico per esempio, basterà una zolletta di zucchero per farlo cadere. “Bè, lei deve partire da quella zolletta di zucchero.”
Il metodo scientifico procede senza preconcetti, né strade già tracciate. La ricerca deve andare avanti con rigore e disciplina, con numeri e dati alla mano. I risultati arriveranno, prima o poi. “Ecco, quando dicevo che sta sbagliando prospettiva mi riferivo proprio a questo: lei ha fretta di raccontare la sua storia, perché ha visto delle cose, ha parlato con delle persone e vuole dargli voce. Lo capisco, ma se non partiamo dal principio è come costruire un ponte sulla sabbia: alla prima incertezza, crolla.”
Paga il caffè e mi saluta, lasciandomi da studiare una pila di direttive europee e di norme ambientali. Una piccola lezione di geologia, una piccola lezione di giornalismo. “Scava con pazienza e, fidati, le cose verranno a galla da sé.”
*finalista della sesta edizione del Premio Morrione con il progetto di video inchiesta “Le mani sul fiume”