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La Sicilia e il 60° dell’Unione Europea

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Il documento solennemente firmato dai Capi di governo dei 27 paesi aderenti all’Ue porterà qualcosa di buono al Sud dell’Europa e alla Sicilia?

Se l’impegno sottoscritto per un’ Europa più solidale dotata di un welfare più diffuso e incisivo, di un fondo per l’occupazione e gli investimenti per la crescita, sarà seguito presto da decisioni politiche e finanziarie conseguenti, allora anche la Sicilia e l’Italia ne beneficeranno. A condizione che i governi, nazionale e regionale, facciano la loro parte con  misure esaustive contro la corruzione, l’evasione fiscale, le disuguaglianze sociali e la povertà e con gli investimenti in politiche industriali, di servizi, di ricerca, d’istruzione ed economiche-sociali necessarie all’accelerazione della crescita soprattutto nel Mezzogiorno.

Come ha detto Papa Francesco solo un’Europa solidale è un antidoto contro gli egoismi nazionalisti e i populisti.

I nazionalismi della prima metà del Novecento, fascismo e nazismo, portarono alle immense catastrofi della seconda guerra mondiale. Essi furono sconfitti dall’alleanza militare e politica angloamericasovietica e dalla Resistenza armata di grandi movimenti di massa dei paesi occupati. La risposta delle forze democratiche d’ispirazione cattolica e socialdemocratica a quella catastrofe fu la spinta all’unità europea prima tra sei paesi e poi sino ai 27 di oggi. Oggi, il riaffacciarsi di nazionalismi (o di sovranismi come amano chiamarli i novelli alfieri) nei conflitti regionali e all’interno di grandi paesi fondatori dell’Ue, configura la nuova sfida per le forze politiche democratiche e di sinistra che dovranno ritrovare l’ispirazione dei padri fondatori dell’Unita’ europea per sconfiggerli sul terreno della democrazia e dell’ampliamento dei diritti di tutti i cittadini. I Padri fondatori ci hanno assicurato settanta anni di pace e di sviluppo, pur con tante contraddizioni. Ma oggi non basta più il libero mercato e la moneta unica, peraltro contestata dagli euroscettici e dai nemici dell’unità europea, per assicurare la crescita armonica dell’Europa nella democrazia e nella libertà individuale e collettiva.

Occorrerà riscrivere i trattati, tutelare, in modo eguale, in ogni paese i diritti sociali e un welfare più diffuso, completare l’unione monetaria ( visto che non tutti i paesi vi aderiscono), far fronte alla globalizzazione minacciata dal protezionismo convergente di Putin e Trump con un sistema multilaterale  di confronto sui temi sensibili: commercio libero ed equo, politiche climatiche e ambientali globali positive, migrazioni e disuguaglianza a livello globale, terrorismo e conflitti regionali.

Solo con questo spirito l’Ue potrà rilanciare la sua funzione di grande potenza economica e politica facendo proprie le preoccupazioni dei cittadini europei spaventati dall’incertezza del futuro, dalla crescita della povertà, dall’insicurezza, dalla diffusione di criminalità organizzata, con maggiore unità politica, con l’adeguamento delle proprie istituzioni a un sistema parlamentare che governi l’Europa avviandola verso un sistema federale. Per ottenere ciò ci vuole una classe dirigente con lo stesso spessore culturale e politico dei padri fondatori e con la stessa volontà politica. E’ la grande occasione della sinistra europea che di fronte ai pericoli di sgretolamento della democrazia rappresentativa auspicata dalle destre sappia ridare fiducia e credibilità a un processo di contrasto del declino e degli egoismi. Lo stop al successo elettorale della destra antieuropea in Olanda fa ben sperare che ciò possa avvenire in Francia e in Italia nel 2018.  A Putin e a Trump fa comodo un’Ue debole, instabile e divisa. Tutti e due temono un’Ue unita e forte con politiche di difesa unica, con politiche fiscali armonizzate, con politiche sociali inclusive, con capacità di intervento nei conflitti regionali per imporre pace. Sono buoni motivi per non mancare l’appuntamento con la storia.

Per la Sicilia e l’Italia  si pone lo stesso interrogativo. Se ci sono  classi dirigenti nel centrosinistra e nella sinistra capaci di un forte rilancio valoriale e di recupero del contatto e confronto con la società reale ( non quella ristretta dei comitati elettorali) i governi della Sicilia e dell’Italia non saranno regalati ai 5stelle o al centrodestra. In una Ue più unita c’è più spazio per il centrosinistra che per il centrodestra o per le forme di populismo grillino. L’Italia col governo Gentiloni sembra che vada nella giusta direzione, per la Sicilia, considerate le divisioni che lo tormentano sembra più difficoltoso. Ma c’è sempre tempo per un’auspicata resipiscenza e, quindi, per un recupero del consenso popolare.


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