BASTA VIOLENZA SULLE DONNE - 25 NOVEMBRE TUTTI I GIORNI

La “seconda vita” di Maria Teresa Ferrari

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«Sei stata il nostro primo raggio di luce», là dove la luce potrebbe essere quella delle paillettes di un copricapo, in realtà è quella di un sorriso. Il luogo è una grigia sala d’aspetto di un reparto per malati oncologici, in attesa della quotidiana seduta di chemioterapia. Le facce sono quelle “da cancro”. Entra una donna radiosa, ben vestita e truccata, con in testa un basco scintillante, che squarcia quel grigiore. «Mi piaceva indossarlo, ma ero titubante, perché arrivare “sbarazzina” in un ambiente dove i visi sono segnati dalla battaglia tra la vita e la morte, mi sembrava indelicato», racconta Maria Teresa Ferrari, 52 anni, veronese, professionista della comunicazione, entrata nella “sua seconda vita” dopo un intervento, il 5 agosto 2015, per un complesso carcinoma mammario, e le conseguenti chemioterapie e radioterapie. «Sono stati i “miei angeli” – le infermiere e le mie compagne di malattia – a chiedermi di continuare a essere il loro “raggio di luce”. Allora ho capito che un sorriso e un basco scintillante in testa possono fare la differenza». Così, quello che era nato come un buon proposito personale, «avevo deciso sdraiata sul letto dell’ospedale che non mi sarei lasciata andare», è diventato il progetto #LaCuraSonoIo, ovvero «cappelli, turbanti, colorati, di fogge diverse, morbidissimi, con l’interno in cotone o bambù, anallergici, e dai costi accessibili, perché durante la malattia, coprirsi la testa non è uno sfizio», oggi in vendita in alcune realtà veronesi, ma anche all’interno dello IEO (Istituto Oncologico Europeo di Milano, fondato dal prof. Umberto Veronesi) e negli spazi del The Vintage Project della Fondazione IEO-CCM, il primo Charity Shop in Italia a sostegno della ricerca oncologica.

«Il copricapo rappresenta anche qualcosa di simbolico, perché la malattia si vede dalla testa nuda. Ma non voglio che questi cappelli restino legati alla malattia, non devono essere qualcosa di cui sbarazzarsi appena i capelli ricrescono, perché portano con sé un messaggio: c’è il copricapo dei pensieri positivi, quello delle idee luminose, quello che ama il sorriso, e il copricapo della rinascita». La parola rinascita per Maria Teresa è preziosa. «Il male si vince con il bene – dice -. E il bene è progettare, distanziare il cervello dalla parte malata e avvicinarlo al cuore. Perché assieme, cuore e cervello, possono dare il via alla rinascita. Significa rendere bella anche la donna che ha subito una menomazione. L’amore per la vita abita il cuore e il cuore non si ammala mai di cancro». Una donna così eclettica, che si è sempre occupata di cultura, non poteva che affrontare questa sfida con creatività. Perché «quando i pensieri negativi ti assalgono, bisogna essere molto creativi per scacciarli». Non è sfuggita ai medici questa energia, e le hanno chiesto di mettersi al servizio. «Testimonial di me stessa e di tutte le donne che vivono la mia situazione, e sono tantissime. La neoplasia mammaria colpisce una donna su sei, e il cancro al seno è ancora il terzo killer, dopo polmoni e pancreas». In quella sala in attesa della chemio, Maria Teresa scrive, apre una pagina Facebook e posta pensieri, riflessioni, suggestioni. Piovono i like, le interazioni, le richieste di consigli, lei scopre che c’è un mondo che ha bisogno di esprimersi, di confrontarsi nel dolore, e scopre anche tanta solidarietà. «Quello che mi ha molto aiutato durante l’intervento era sapere che in tanti pregavano per me. Non solo i miei amici religiosi/e, ma anche il popolo dei social, persone che non conoscevo direttamente. Ho avuto una catena fortissima di preghiere, che mi hanno avvolta in un abbraccio di intima serenità. E io ho postato i miei pensieri sempre, perché il cielo va ringraziato sia per le cose belle che per quelle brutte». L’atteggiamento di questa donna verso il suo “ospite inatteso”, come lo chiama lei, è sempre stato mite. «Non ho mai considerato il cancro in maniera aggressiva, l’ho considerato un dono, sapendo fin da subito che l’avrei combattuto con amore, perché non volevo vivere la malattia con rancore, ma con positività. Il giorno dell’intervento ha rappresentato la liberazione, lo spartiacque tra un prima fatto di ansie, attese, paure, e un dopo, che è diventato cura e concentrazione su di me, per debellare tutto ciò che l’ospite inatteso aveva disseminato nel mio corpo».

Nel suo iter, Maria Teresa si accorge anche che, se dal punto di vista medico, c’è grande efficienza, scarsa è la parte che riguarda i consigli pratici, ma che invece servono, perché ti permettono di vivere la quotidianità. «Nessuno ti dice che i capelli li puoi perdere anche una seconda volta e quando tu cominci ad essere contenta perché vedi una ricrescita, ti svegli una mattina e, mentre stai scrivendo, la tastiera del pc si riempie dei capelli appena contemplati allo specchio. Lo shock è enorme. Nessuno ti dice che ci sono rimedi grazie ai quali puoi evitare che ti cadano le unghie, o che hai diritto alla terapia psicologica o che è meglio rivolgersi ad un nutrizionista, o ancora, come approntare una domanda di invalidità. Ho pensato che tutto questo doveva essere parte del mio progetto di aiuto, così a breve usciranno un libro ed anche una app. Sto cercando dei partner affinché questo progetto possa affinarsi e crescere sempre di più». Così Maria Teresa, che dice di essersi reinventata tante volte, adesso è di nuovo nel vortice del cambiamento. Ma non si sente sola.

«Ho sperimentato la forza della fede. E fa la differenza. È come se il Signore mi avesse detto: “Lo vuoi capire che mi devi seguire?” È vero che sono sempre stata una donna forte, ma il cancro è la ruota contro la morte, non posso credere di avercela fatta da sola».

 


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