Lo stesso questore parla di “allarmismo” e denuncia: “Il gusto di scenari apocalittici non fa bene a nessuno”. Così si è tentato di mascherare il fallimento del vertice dei 27
Di Alessandro Cardulli
Allora tutto bene quel che finisce bene? Parrebbe di sì stando alle “riflessioni” del giorno dopo, relative alle manifestazioni con le quali è stato ricordato il 60° anniversario dei Trattati di Roma, gli antenati della attuale Unione europea. Bene per quanto riguarda la sicurezza, l’ordine pubblico. Neppure un incidente. Roba da non credere. Leggiamo un commento di Fabrizio Cicchitto il quale afferma che la giornata di sabato ha visto due vincitori, papa Bergoglio con il suo “pellegrinaggio” in terra lombarda, incontrando più di un milione di cittadini, ma che con le celebrazioni romane non ha niente a che vedere, salvo che a sua tutela e sicurezza non c’erano migliaia di poliziotti, di cecchini, di militari ma il popolo. E, insieme al pontefice, mai accostamento fu più blasfemo, il ministro dell’Interno, Marco Minniti, che con il suo “bau bau” avrebbe tenuto lontano dalla capitale coloro che si apprestavano a mettere a ferro e fuoco la nostra Roma, bellissima e infelice. Dal canto suo, il nuovo questore di Roma, Guido Marino, ha rivendicato, giustamente, il lavoro svolto dalle donne e dagli uomini ai suoi ordini in termini di “attività preventiva”. Forse più importante, anzi senza forse, della minaccia di Minniti, “sarà dura la reazione ai violenti”. In bocca a un ministro parole simili non dovrebbero esserci: la reazione ai violenti è reazione, come prevedono le leggi dello Stato, non c’è gradazione, più o meno dura a seconda dei casi.
Ma a questo punto si innesca un discorso politico. O meglio una domanda. Perché per giorni e giorni, invece di parlare dei contenuti della manifestazione celebrativa, le pagine dei giornali erano segnate da un allarmismo cui sembrava non esserci via di scampo? Roma sarebbe stata messa a ferro e fuoco. Facile la risposta: se andava male, se ci scappava il morto, brutta espressione ma non ne troviamo altra, la colpa sarebbe stata di chi ha osato criticare il renzismo, dando così una mano agli estremisti, messi insieme, di destra e di sinistra. E magari ce ne sarebbe stata anche per la Cgil che insieme ad altre organizzazioni ha promosso una manifestazione, molto critica nei confronti della politica europea, accettata supinamente anche dai “mille giorni” di Renzi Matteo, capace solo di strillare, minacciando tuoni e fulmini contro la Merkel. Se non fossero accaduti incidenti di rilievo il merito sarebbe stato, in particolare leggi Cicchitto, del ministro Minniti, pugno di ferro nei confronti anche di chi non veste decorosamente nelle nostre città.
Una campagna di stampa teleguidata. I barbari avrebbero messo a ferro e fuoco la capitale
Così è stato. Ma con un ma grande come un grattacielo. E il macigno lo ha fatto cadere proprio il questore di Roma quando ha pronunciato una parola, “allarmismo”, denunciando una campagna di stampa, teleguidata, che prevedeva nella giornata di sabato, scene da apocalisse, Roma, blindata, percorsa da orme di barbari, di black bloc. Scene da paura, con la gente che ha preferito rintanarsi in casa, negozi chiusi, coprifuoco come se fossimo in guerra. Grandi quotidiani, leggi La Repubblica, hanno scritto una sorta di manuale di “sopravvivenza” per i cittadini romani. Un telecronista ha parlato di 1500 tiratori scelti appostati a difesa del Campidoglio. Sono circolate notizie sull’impiego di cinquemila poliziotti, revocati i turni per i militari. Insomma allarme rosso. Il questore Marino ci dice che sono state controllate oltre duemila persone, che è stata controllato un pullman che aveva a bordo 120 giovani. Per venti di costoro, venti, sì proprio venti, è stato emesso il foglio di via obbligatorio. Insomma, cinquemila persone per controllarne duemila. Ancora, abbiamo letto che erano in arrivo trenate, a bordo di treni, dalla Francia, dalla Germania, dei terribili black bloc, un’orda. Non se n’è visto neppure uno, uno di numero. Certo sono state rinvenute qualche mazza, alcune maschere, bastoni buttati per terra, ma è roba “tradizionale”, si trova sempre in occasioni come questa. Torniamo al questore di Roma che ha criticato falsi allarmismi, enfasi ed esasperazione nel presentare il quadro della situazione affermando: “Il gusto di scenari apocalittici non fa bene a nessuno”. Lo ha detto in conferenza stampa. È vero che i giornalisti delle agenzie erano in sciopero ma le affermazioni del questore non hanno trovato spazio nei media. La domanda: chi ha esasperato la situazione, chi creato un clima di paura nella città, che ha diffuso “voci inquietanti” lasciando intendere che potevano esserci attentati? Noi una risposta l’abbiamo, ma non è nostro compito.
Il ministro dell’Interno deve una risposta chiara e senza equivoci
La deve dare il ministro dell’Interno. La realtà è che chi ha manifestato nelle vie di Roma, esponenti di gruppi, associazioni, centri sociali, sindacati di base diciamo “no global”, per intenderci, non aveva alcuna idea bellicosa, come in genere non le hanno. I black bloc, se presenti, erano a viso scoperto. E manifestare, ad oggi, non è un reato. I tanti che sono scesi in piazza con la Cgil, l’Arci, hanno espresso posizioni fortemente critiche, ma non contro l’Unione europea, ma contro le politiche di questa Unione. Una bella manifestazione, con tanti giovani. Tanti come lo sono stati nel referendum costituzionale. Riprendiamo alcune parole pronunciate da Susanna Camusso, segretario generale della Cgil: “L’Europa oggi è solo recessione, austerità e finanza. L’Unione non era nata per questo, non era questo il sogno europeo. Ci vuole un’altra Europa con lavoro dignitoso, fondata sui diritti sociali, di cittadinanza e libera circolazione”. Questo è il problema che i“celebranti” in Campidoglio con la loro firma ad un documento che rinuncia perfino ad individuare i motivi della crisi profonda della Unione europea, hanno evitato di affrontare. L’allarmismo ha mascherato il vuoto politico, la mancanza di analisi, di progettualità. Se non ci si domanda perché a sessanta anni dal Trattato che dette vita alla Comunità economica europea non solo siamo andati indietro come i gamberi ma si rischia la frantumazione del vecchio continente, difficilmente si può tornare a parlare di“spirito unitario”
Scalfari, entusiasta, richiama De Gasperi, Schuman e Adenauer, tre democristiani
Malgrado Scalfari Eugenio che, dopo i soliti richiami all’antico, cita Goti, Visigoti, Unni, Franchi, Longobardi, Carlo Magno, a proposito del documento firmato dai 27 scrive:“Per bloccare e possibilmente invertire questa situazione (le difficoltà dell’Unione ndr) i 27 paesi d’Europa non si sono limitati, come di solito hanno fatto negli anni scorsi, ad una veloce celebrazione con un paio di discorsi commemorativi e una dozzina di strette di mano fra Campidoglio e il Quirinale”. E prosegue parlando di un documento che“contiene affermazioni e impegni di notevole importanza se puntualmente fossero rispettati con la dovuta celerità”. Non si accorge o fa finta che si tratta solo di titoli con parole come unità, solidarietà. Europa sociale, crescita sostenibile, progresso economico, parità di donne e uomini, ruolo delle parti sociali, lotta contro l’esclusione, migranti e accoglienza. Parola che non si negano a nessuno. Ma sono solo titoli di un progetto che non c’è e non ci sarà se come“modello” si prende, come fa lo Scalfari nell’editoriale domenicale di Repubblica, ad esempio la piattaforma dalla quale nacquero i Trattati di Roma, che richiama i nomi di De Gasperi, insieme a quelli di Francia, Schuman e di Germania, Adenauer, tre democristiani, come padri costituenti del processo di unità. Senza per questo togliere niente al loro prestigio e al loro impegno. Il manifesto di Ventotene diceva altre cose, esprimeva diversi indirizzi. Poneva la politica, la cultura della politica democratica e non i mercati e i trattati monetari al centro dell’unità europea. Altra epoca? Certo. Un“ manifesto” simile a quello che è uscito dal Campidoglio non l’avrebbero mai firmato anche se avessero loro, a Spinelli, Rossi e agli altri confinati, promesso di rimetterli in libertà.