Enzo Biagi inizia a lavorare per la Rai nel 1960. Licenziato da Epoca, dopo sette anni di direzione, su iniziativa del presidente del Consiglio Tambroni, democristiano alla guida di un monocolore sostenuto dal Movimento sociale, per aver scritto un editoriale sullo sciopero dei metalmeccanici a Reggio Emilia, la polizia, agli ordini del ministro Scelba, aveva sparato sui manifestanti uccidendone cinque. Bernabei, direttore generale, sapendo che Biagi stava partendo per la Polonia per La Stampa, gli chiede di lavorare anche per la tv. Biagi ricorda un libretto, il Diario di David Rubinovich, che racconta la storia di un bambino ebreo polacco, figlio di contadini, che aveva annotato, giorno per giorno, sul quaderno di scuola, quello che avveniva nel suo villaggio durante l’occupazione nazista. Lo aveva colpito una frase: “Oggi sono arrivati i tedeschi, hanno portato via la ragazza più bella”. Poi i tedeschi portarono via anche lui per sempre. Biagi ricostruisce nel documentario Il giudice la breve vita di David: un grande successo. L’anno dopo Bernabei gli propone la direzione del telegiornale. Biagi votava per i socialisti di Nenni, era stato il segretario del Psi a suggerire il nome del giornalista a Fanfani, allora presidente del Consiglio e protettore di Bernabei, insieme a quello di Indro Montanelli. La nascita del centro-sinistra era alle porte. Così inizia la storia tra Biagi e la Rai durata per oltre quarant’anni e interrotta, sempre per volontà di un politico e di un editore compiacente, con un editto bulgaro del 2002. L’interesse di Biagi verso la tv nasce con l’inizio dei programmi nel 1954.
Da direttore di Epoca, due anni dopo, inventa la rubrica Televisione, diventandone l’autore. L’attività di Biagi “critico televisivo” ai più è rimasta sconosciuta. Lo scrivere di tv, analizzando i programmi, dal testo al lavoro dei conduttori, alle interpretazioni degli attori, gli serve da palestra, quando nel 1963, dopo aver diretto il telegiornale, costruisce il primo settimanale RT rotocalco televisivo: non solo politica, ma cronaca nera e rosa, volti noti ma soprattutto gente comune con grandi storie. All’inizio del decennale dalla scomparsa del più importante giornalista che la tv abbia avuto (Il Fatto Quotidiano dedicherà nel corso del 2017 vari momenti al ricordo di Biagi), la lacuna è stata colmata da Giandomenico Crapis, esperto di storia della televisione e della cultura di massa, che ha curato il volume: Enzo Biagi lezioni di televisione, edito da Rai Eri, con la preziosa prefazione di Bice Biagi. Un puntuale amarcord che si legge molto piacevolmente, che, attraverso il racconto dei programmi e dei protagonisti, ci permette di comprendere, non solo perché la Rai diventerà per gli italiani la “mamma”, ma la rivoluzione industriale, il movimento dei lavoratori e il percorso sociale che porteranno l’Italia al boom economico.
Inoltre, come scrive Crapis, la rubrica fotografa lo “stato dell’arte del giornalismo negli anni Cinquanta in Italia; una fonte genuina sulle idee che Biagi aveva della sua professione, del rapporto che questa deve avere sul potere, con la società, con i lettori; un manifesto di quella che sarà la sua filosofia nel fare televisione”. Crapis, nel suo racconto, dimostra come il grande giornalista, da direttore, si sia “sporcato le mani” denunciando l’egemonia democristiana e la sciatteria informativa. In uno dei primi scritti da critico tv, Nel Telegiornale meno teleministri (maggio 1956), denuncia l’uso improprio dei politici di Governo dell’informazione (vi ricorda qualcosa?): il ministro che inaugura qualsiasi cosa nel proprio collegio o che visita istituzioni pubbliche o partecipa a un premio letterario, regolarmente ripreso dalle telecamere. Biagi le definisce: “notizie inutili” e raccomanda ai direttori della tv di Stato: “Capisco che non è sempre comodo dire di no, specialmente a Roma; ma la forza della democrazia, perfino di quella progressista, sta proprio in questo: nell’abolire il culto della personalità”. Suggerendo alcune inchieste su scandali accaduti nell’ultimo decennio e insabbiati dalla politica. Il volume è un “tesoretto” di notizie e curiosità. Scrive Biagi nella rubrica dedicata a Paola Bolognani, la prima valletta diventata star grazie alla trasmissione Lascia o raddoppia?: “In questa nostra Repubblica, fondata sul lavoro, su Sofia Loren e su Gina Lollobrigida, sui calciatori oriundi, su Nilla Pizzi e sul piccolo Angelo Fausto (il figlio di Fausto Coppi avuto dalla Dama Bianca, Giulia Occhini), lei ha ormai un suo inconfondibile posto. Un posto e una funzione. Grazie ai teleschermi è diventata un personaggio. Evviva”. E’ l’inizio dell’era moderna, l’elettrodomestico diventa il grande medium produttore del consenso: “lo ha detto la televisione”.
Fonte: “Il Fatto Quotidiano”