A pochi giorni dal rinnovo della concessione in esclusiva del Servizio pubblico radiotelevisivo e multimediale alla Rai, Articolo 21 ha organizzato un convegno che ha animato un dibattito, moderato da Renato Parascandalo, utile a segnare il percorso che porterà all’approvazione di uno schema di Convenzione su cui la Commissione di Vigilanza sarà chiamata a esprimere un parere.
Per Articolo 21, la portavoce Elisa Marincola, portando il saluto della presidente Barbara La Porta, per anni dirigente Rai, ha ribadito l’importanza di un maggiore pluralismo e ha evidenziato come siano ancora da superare all’interno dell’azienda vecchi schemi sessisti.
I relatori hanno analizzato la questione in tutte le sue sfaccettature con l’intento di aprire il confronto a una platea più ampia e avviare una riflessione sulla mission della Rai sul piano industriale e editoriale.
Proprio su questo aspetto ha puntato l’attenzione il presidente della Federazione nazionale della stampa Beppe Giulietti che ha proposto, tra l’altro, di inserire tra i temi regolati dal prossimo Contratto di servizio anche la questione del hate speech, ovvero del linguaggio dell’odio che spesso imperversa sia sulle reti pubbliche che private.
Al convegno è intervenuto anche il direttore generale della Rai, Antonio Campo Dall’Orto, che ha enunciato quali parole d’ordine del suo mandato “inclusività e universalità”.
“La formula del servizio pubblico va trovata nell’ottica del lungo periodo e non può essere legata alla contingenza” ha evidenziato il dg rilevando come questo sia “un momento di forte relazione tra il cambiamento in atto della società e quello del servizio pubblico trovando un “punto di copntatto con gli anni ’50”.
“C’è nella società una trasformazione profonda che non tutti siamo preparati ad affrontare” ha aggiunto Campo Dall’Orto, che a tale proposito ha posto la necessità per la Rai di “essere contemporanea senza perdere di vista il rapporto con la tradizione” e ha spiegato che “inclusività e universalità devono essere gli elementi dirimenti e il servizio pubblico deve cercare punti di comunanza in cui le persone si riconoscano. Alcuni programmi hanno raggiunto questo scopo. E anche la fiction Rai si pone questo obiettivo”
Tra le altre tematiche affrontate, particolarmente spinosa è apparsa quella relativa all’estensione del tetto degli stipendi in Rai a quelli per gli artisti.
Il sottosegretario allo Sviluppo economico, Antonello Giacomelli, ha evidenziato come quest’ultimo sia da ritenersi “improprio” a fronte del parere dell’Avvocatura dello Stato “che lo sostiene in maniera più autorevole di me” ha aggiunto sottolineando che “è improprio anche rispetto all’idea della Rai che ci siamo dati, cioè di un’azienda che deve poter stare sul mercato”.
Accorato e puntuale l’intervento del vice segretario generale di Palazzo Chigi, Nino Rizzo Nervo, che a proposito della convenzione, e facendo riferimento in dettaglio al Testo unico dei servizi di media audiovisivi e radiofonici, ha sostenuto che “è inutile pensare di rendere il finanziamento per la Rai pluriennale senza prima cambiare la legge”.
L’ex membro del Cda Rai ha anche puntato il dito contro l’idea di separazione societaria ritenendola un “grimaldello” per la privatizzazione della Rai.
“Ad esempio – ha sottolineato – per una rete generalista come Rai 1 il regime di separazione societaria come si gestirebbe? Come si capisce se una fiction è servizio pubblico oppure no? In Italia si aprirebbe un dibattito infinito sui criteri che definiscano quali programmi siano di servizio pubblico e quali no”.
Il vice segretario di Palazzo Chigi ha usato la Bbc come modello assoluto di servizio pubblico, evidenziando come quest’ultima non abbia mai pensato di dire che l’intrattenimento non sia servizio pubblico.
Per Rizzo Nervo la concessione “oggi c’è” e non la giudica ma, aggiunge, in futuro “i contratti di servizio assumeranno un valore maggiore”.
“Mi piacerebbe che ci fosse una maggiore neutralità nelle decisioni che si prendono – ha concluso – I legislatori dovrebbero chiudersi in una stanza ed elaborare qualcosa che non fosse legata alla contingenza di oggi. Serve una legge libera dai condizionamenti”.
Sulla stessa lunghezza d’onda anche gli interventi dell’ex presidente della Rai Roberto Zaccaria e di Vittorio Di Trapani, segretario Usigrai.
L’incontro si è concluso con l’intervento di Vincenzo Vita che dopo aver ringraziato Articolo21 e Fondazione Di Vittorio ha posto il problema di chiarire la missione strategica del servizio pubblico nell’era digitale: grande agenzia di una nuova e capillare alfabetizzazione degli italiani
“per non soccombere agli oligarchi della rete – ha affermato Vita – e alla dittatura degli algoritmi. Serve, però, rimettere in discussione la legge 220 del 2015, grave politicamente e sfasata rispetto al sistema”.
Dal confronto, seppure non siano mancate critiche per la scarsa volontà di affrontare il ‘problema’ del servizio pubblico liberi da condizionamenti politici, è emerso l’orientamento verso una Convenzione con una visione più ampia e plurale affinché risponda a esigenze e criteri finora ignorati.