Il 21 marzo sarà la “Giornata della memoria e dell’impegno in ricordo di tutte le vittime delle mafie”. La Camera ha dato il via libera definitivo con 418 voti a favore, nessuno contrario. In molti sanno, però, che di fatto quella giornata già ce l’eravamo presa. Chiunque credesse nei valori dell’antimafia l’aveva già fatto, chiunque riconoscesse l’impegno e l’esempio in ognuna delle oltre novecento vittime delle mafie e in quelle senza nome l’aveva già fatto. Per ventidue anni Libera – associazioni, nomi e numeri contro le mafie ha riempito come fiumi in piena le arterie delle città italiane chiedendo giustizia per quelle morti ingiuste e, soprattutto, ricordando una per una quelle vite spezzate. Lo ha sempre fatto nel primo giorno di primavera, a simboleggiare la rinascita, la vita che, spezzata, resta viva in chi ogni giorno denuncia, reagisce, si ribella alle mafie. È così che la memoria si fa impegno quotidiano.
Era il 1996 quando, a Roma, in Piazza del Campidoglio, l’associazione, insieme ai familiari delle vittime, per la prima volta leggeva ad alta voce, soppesati uno per uno, tutti i nomi delle vittime delle mafie. Don Luigi Ciotti – fondatore di Libera – ricorda che da quell’anno l’associazione “ha creduto nell’importanza di una memoria condivisa, viva, che ricordasse tutte le vittime nella loro pari dignità, a prescindere dai ruoli svolti e dalla notorietà avuta in vita. Così come ha creduto che quella dignità andasse estesa non solo alle vittime delle mafie, ma a chiunque avesse perso la vita per forme di violenza, di terrorismo, di criminalità”. Ma chiede di più, oggi, don Ciotti: alla soddisfazione per questa vittoria bisogna aggiungere “uno scatto nell’attuare quelle direttive che, anche a livello europeo, garantiscono norme minime in materia di diritti, assistenza e protezione delle vittime e dei loro famigliari”. E non solo: è necessario investire nella cultura e nei percorsi educativi, perché “si moltiplichino quelle iniziative e quei percorsi che fanno del 21 marzo non una semplice ricorrenza, ma la tappa di un quotidiano impegno per la giustizia, per la verità, per il bene comune. Quelle persone non sono morte per essere ricordate con lapidi, targhe e discorsi di occasione. Ma per un sogno di democrazia che sta a tutti noi realizzare”.
Per Rosy Bindi, l’istituzione di questa giornata è “un passo di grande valore simbolico nella lotta alle mafie”, è testimonianza della “volontà delle Istituzioni di rendere patrimonio vivo e fecondo l’esempio di quanti sono caduti sotto i colpi della violenza mafiosa”. “È una legge che ci permette di guardare dentro l’Italia migliore”, dice nell’aula di Montecitorio la deputata Celeste Costantini: “Ci sono molti modi di raccontare la storia di un paese: si può scrivere la grande storia oppure si può provare a mettere insieme le piccole storie, collettive e individuali, pubbliche o private delle persone comuni, le nostre storie, di chi ha combattuto le mafie ed è stato ammazzato, di chi non ha chiuso gli occhi, di chi non si è voluto rassegnare”. Per questo il 21 marzo, per questo la memoria e la sete di verità e giustizia.
A tutte le vittime della violenza mafiosa la nostra memoria e il nostro impegno, a ogni inizio di primavera e ogni giorno.