La corsa ad ostacoli di Virginia Raggi in Campidoglio , tra alti (pochi) e bassi , troppi in poco tempo , può essere un’istruttiva guida alle tante piaghe della politica nella gestione delle istituzioni . La prima che si nota è annosa , e riguarda il problema delle nomine politiche , vero tallone d’Achille dei partiti ; la seconda è quella , accentuata rispetto ai precedenti di altri partiti , della presenza di un passeggero privo di titolo dentro le istituzioni , a decidere delle sorti di sindaci eletti direttamente e ad avallare o cassare decisioni di esclusiva competenza istituzionale . La prima , delle due piaghe , riguarda tutti i partiti , e da ora anche i cinque stelle , come si vede ; la seconda è una specialità esibita del giovane e rampante movimento , sbrigativamente chiamato ” grillino” dal nome dell’intruso di cui sopra.
Da imbroglioni presunti e confermati – collaboratori di capi di governo ,di ministri , di sindaci , di presidenti di regione , per rimanere nell’ambito istituzionale – sono diffusamente attraversate le cronache politiche dal dopoguerra ad oggi , con un’impennata negli ultimi lustri .
Anche di titolari di cariche istituzionali in prima persona , non solo di collaboratori. Emblematico , qualche anno fa, il caso di un ministro appena nominato , e revocato dopo pochi giorni per l’ intervento del capo dello stato dell’epoca , Giorgio Napolitano : non appena ammise che quella curiosa ed inedita nomina a “ministro per l’attuazione del federalismo “, sarebbe servita a disertare le udienze di un processo in cui era imputato , avvalendosi della legge sul legittimo impedimento , monumento ai conflitti di interesse. Un caso tra il comico e il grottesco : ma ce ne furono di addirittura più inquietanti , sempre riferiti a nomine ministeriali sventate in tempo utile dai super impegnati e provvidenziali capi dello stato della cosiddetta seconda repubblica. Per molti versi una brutta copia della prima.
Questo va ricordato al neo sindaco della capitale , un po’ per non lasciarla non sola nella ormai deludente compagnia di suoi collaboratori o ex , ma soprattutto per un senso di equità non sempre evidente quando ci si occupa di lei . Perché nelle nomine la classe politica , soprattutto quando si tratta di ricoprire incarichi istituzionali , riesce ad esprimere il peggio di sé , in tutti i sensi : non escluso il senso dello Stato , troppo spesso latitante . Tanto da avere messo il paese e le sue articolazioni , negli anni , nelle mani di una dirigenza vasta , vastissima , spesso del tutto carente di qualche decente credito professionale che non sia quello della vicinanza o fedeltà a questo o quel capo fazione del momento.
Questa lunga schiera di nominati , in tempi recenti , si è arricchita di nuove , illustri ed insospettate categorie di pubblici esponenti. In primo luogo , nientemeno che dei rappresentanti dei cittadini costituzionalmente sovrani , i parlamentari : un tempo scelti per nome e cognome dai cittadini stessi quasi tra i propri vicini di casa , così da poterli conoscere , responsabilizzare ed eventualmente confermare . Ancora oggi , grazie ad una legge elettorale finalmente dichiarata incostituzionale , nominati direttamente da voraci oligarchie di partito . Domani , non si sa.
In secondo luogo , dei componenti delle autorità indipendenti , che la legge – ma basterebbe il buon senso -, vorrebbe coerentemente provvisti di ” notoria” indipendenza e competenza nella materia :e troppo spesso , invece , più semplicemente dipendenti e incompetenti , o assai competenti al servizio di interessi limitati .
La responsabilità di Virginia Raggi nella discutibile scelta dei propri collaboratori è grave , ma non inusuale : quelle scelte , ed altre di maggiore rilievo , sono spesso fatte senza la prassi della consultazione dei fogli curriculari , e raramente se ne mena il giusto scandalo. Non se ne vanti , la Raggi , ma non si senta protervamente isolata . Piuttosto , suona ancora stridente il motivo , autoproclamato in diretta televisiva , alla base della scelta del proprio capo segreteria : la attività dello stesso , non esaltante per un pubblico funzionario , di dichiarato attivista del movimento cinque stelle. Quindi non proprio terzo , come si vorrebbero i pubblici funzionari ; e , quel motivo , non proprio educativo all’interno dell’apparato pubblico . Non può bastare , a giustificazione della scelta , la mancanza di conoscenze ambientali , sicuramente pesante dentro un amministrazione come quella capitolina : e comunque ,nel caso , è meglio ammainare la bandiera della propria diversità.
Resta l’altra piaga , peculiare del movimento , guidato da figure ignote a qualsiasi organigramma , pubblico o partitico. Piaga figlia essa stessa della confusione esistente tra partiti ed istituzioni , ma tale da produrre addirittura un salto di qualità . Così si irridono normative di legge ( ad esempio , la legge sull’elezione diretta dei sindaci , fiore all’occhiello precocemente reclinato dell’unica ,breve stagione del rinnovamento istituzionale italiano , all’inizio degli anni ’90) ; e il senso profondo della stessa costituzione . Un caso di irresponsabilità priva di sanzioni . Poco conta pensare che , volendo , Beppe Grillo –di lui si sta parlando- potrebbe essere facilmente eletto, non esiste l’eleggibilità virtuale . Non fosse la figura familiare di un comico assai noto , quella del clandestino , riuscirebbe più facile e chiaro a tutti , addirittura ovvio , capire l’abisso in cui sprofonda la politica , quando calpesta le proprie regole.