Cercare di dare un senso alle fake news e alla post verità, come anche qui a bottega abbiamo in modo assai imperfetto provato a fare, e non cogliere quanto un mutamento aggiuntivo alla realtà come questo, scompagini e complichi la corretta lettura del reale sarebbe, a nostro avviso, miope e ingiusto. Nessun intento demonizzatore intendiamoci, solo volontà di capire, di porsi domande e cercare risposte. Per questo motivo abbiamo interrogato alcuni esperti e raccolto il loro parere sul tema, buona lettura!
ps. inutile dire che aspettiamo i Vostri commenti ;)
ps.2 stamani, domenica 12 febbraio ore 9,00 a.m. per chi legge, l’hashtag sposorizzato è secondo nei trend topic di twitter secondo solo a #buonadomenica (che ci permettiamo di augurare a tutti)
Daniele Chieffi (giornalista, comunicatore aziendale, pr)
“Il presupposto di partenza è: non c’è niente di nuovo nella vendita da parte di Twitter dell’hashtag. E’ normale che si paghi per sponsorizzare un hashtag. E’ la prima volta che questo avviene in maniera esplicita, che viene brandizzato, diventa un veicolo per pubblicizzare un marchio aziendale. Bisogna a questo punto capire di chi sono gli hashtag? E come vengono percepiti da chi utilizza le piattaforme social. Il problema è questo a mio avviso. Dunque se twitter vende gli hashtag, twitter è proprietario degli hashtag. Non è vero quindi che l’hashtag sia una libera espressione delle community che ne fanno uso, o meglio, sia il modo in cui le community si identificano vicendevolmente, identificando un nesso di coesione identificano un argomento di conversazione e sotto quella etichetta si concentrano e concentrano i loro contributi. L’hashtag è, a tutti gli effetti, una funzionalità tecnica che appartiene alla piattaforma come tutto ciò che accade all’interno di una piattaforma. Come viene percepita questa cosa? Secondo me è percepita in maniera normale dagli utilizzatori della piattaforma. Non ho sentito nessuno scandalizzato per l’uso da parte di TIM dell’hashtag sponsorizzato. Non ho sentito da nessuno, se non da parte degli addetti ai lavori del mondo della comunicazione, la volontà di articolare ragionamenti, dubbi e approfondimenti sulla questione e su quali possano essere le conseguenze etiche o etico sociali dell’azione di Twitter e di Tim e di Sanremo e della Rai. Forse non siamo davvero difronte ad un cambiamento epocale ma solo ad una declinazione dei nuovi comportamenti che la rivoluzione digitale ci induce a tenere. L’hashtag come soluzione tecnologica appartiene alla piattaforma anche se il concetto è più ampio perchè, ad esempio, non esiste un copyright sull’hashtag. Quando un particolare hashtag viene usato da una specifica piattaforma diventa, a mio avviso, di proprietà della stessa e quindi può essere commercializzato in maniera legittima. Ed è altrettanto legittimo che le aziende siano interessate all’uso di tale artificio per sostenere e veicolare il proprio brand e i propri contenuti. L’unico dubbio che ho è che le persone intercettino e percepiscano l’uso che fanno dell’hashtag come una loro libera espressione. Per questo ritengo che da parte delle aziende coinvolte in operazioni di questo tipo sia necessario agire nella massima trasparenza sugli utenti in modo che le persone percepiscano in modo chiaro le scelte comunicative dell’azienda e non si sentano strumentalizzate”… Continua su lsdi