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Non autosufficienza, Boeri: “La famiglia non regge più”

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Il presidente dell’Inps al convegno Auser. “Il modo con cui è stato affrontato il tema in Italia è basato sull’incrocio tra il sostegno informale delle famiglie e lavoro a basso costo degli immigrati”. Il sistema non regge: il quesito è dove trovare le risorse per un’assistenza di qualità. “Mi chiedo se non valga la pena di introdurre dei contributi obbligatori destinati al Fondo non autosufficienza”

 

ROMA – Ridurre gli sprechi, combattere gli abusi, puntare su servizi più efficienti e pensare ad una contribuzione obbligatoria che coinvolga anche i pensionati a rischio per avere maggiori risorse disponibili sul tema della non autosufficienza. Per il presidente dell’Inps, Tito Boeri, intervenuto questa mattina durante la presentazione alla Camera dei deputati del rapporto “Domiciliarità e residenzialità per l’invecchiamento attivo”, curato dall’Auser, è questa la strada da seguire per affrontare il tema della non autosufficienza in Italia. A dettare la necessità di un maggiore impegno delle istituzioni, ma soprattutto economico, sono gli stessi numeri riportati nello studio dell’Auser. “La spesa per la non autosufficienza tenderà ad aumentare fortemente nei prossimi anni – ha spiegato Boeri -, passando dall’attuale 1,9 per cento del Pil al 3,2 per cento da qui al 2060”. Per questo, per il presidente dell’Inps, occorre “trovare più risorse per un intervento pubblico sulla non autosufficienza. Oggi noi diamo alle famiglie in condizione di povertà e di bisogno un’assistenza del tutto insufficiente: i 512 euro al mese per 12 mesi per l’indennità di accompagnamento non sono certamente sufficienti per una famiglia con bassi livelli di reddito per sostenere i problemi della non autosufficienza. La non autosufficienza è un problema che deve essere affrontato per tempo”.

Le previsioni per il futuro, secondo il presidente dell’Inps, difficilmente troveranno risposte adeguate dalle attuali modalità di risposta al problema della non autosufficienza. “Il modo con cui è stato affrontato il tema in Italia è basato sull’incrocio tra il sostegno informale delle famiglie e la disponibilità di lavoro a relativamente basso costo grazie all’immigrazione – ha spiegato Boeri -. Un modello che verrà messo sotto pressione da questi sviluppi. Secondo le nostre stime, la domanda di persone che prestino assistenza alle persone non autosufficienti è destinata a triplicarsi in questo periodo di tempo, le famiglie diventano sempre più piccole e non è pensabile che queste responsabilità continuino a gravare sulle donne in un contesto in cui vogliamo che la presenza femminile sul nostro mercato del lavoro si rafforzi. Questo modello che grava così tanto sulla famiglia non è in grado di reggere questa sfida”. Non è più tempo, quindi, di rinviare decisioni. Per Boeri, occorre che le istituzioni si pongano il problema al più presto. “L’assistenza pubblica si è posta molto poco il problema della non autosufficienza – ha affermato -. Circa il 45 per cento delle persone non autosufficienti riceve oggi una qualche forma di sostegno pubblico e con l’aumentare delle persone che si troveranno in queste condizioni, a meno che non ci sia un forte incremento delle risorse pubbliche, si rischia che questa bassa copertura possa ridursi ulteriormente. Il grande quesito che dobbiamo porci è come trovare risorse per garantire un’assistenza pubblica di qualità alle persone non autosufficienti negli anni che ci stanno davanti. Si tratta di fare delle scelte difficili, ma è bene prepararsi sin da ora”.

In primo luogo, ha aggiunto Boeri, bisogna intervenire riducendo sprechi e utilizzando al meglio le risorse disponibili. E in questo ambito ci sono già degli interventi messi in campo. “Dobbiamo trovare delle aree in cui oggi ci sono sprechi, risorse male utilizzate e potenziali abusi”, ha spiegato il presidente dell’Inps, facendo l’esempio dei permessi della legge 104. “Ci sono differenze molto forti tra il settore pubblico e il privato – ha aggiunto -. Nel pubblico abbiamo 6 giornate contro una e mezzo nel privato. All’interno dello stesso pubblico ci sono differenze molto forti tra comparti che non si spiegano con l’età media dei dipendenti e dei familiari e fanno pensare che ci possano essere delle potenziali forme di abuso. Bisogna avere un utilizzo molto più oculato e controlli molto più serrati. Non si tratta di poche risorse. Noi stimiamo che si spendano circa 3 miliardi all’anno per la 104”. Altro fronte caldo quello dell’accertamento della condizione di disabilità. “Oggi si procede col doppio binario con le Asl e l’Inps – ha specificato Boeri -, ma la duplicazione degli accertamenti è fonte di contenzioso, di oneri per le famiglie e di costi”. Altro campo su cui intervenire, quello dei controlli per i dipendenti in malattia. “Il testo unico sul pubblico impiego prevede l’assegnazione all’Inps dell’accertamento anche nel caso di dipendenti pubblici – ha aggiunto -. Siamo pronti a prenderci carico di queste nuove responsabilità. Chiaramente avremo bisogno di risorse aggiuntive, impensabile che si possa affrontare la dimensione di questo sforzo a risorse date. Tuttavia contiamo di realizzare risparmi significativi rispetto alla situazione attuale dove i controlli passavano attraverso le Asl”.

Nonostante gli sforzi, però, secondo il presidente dell’Inps questi risparmi non bastano per soddisfare una domanda di assistenza in netto aumento. “Le risorse così reperite penso che non sarebbero sufficienti ad affrontare le dimensioni del fenomeno – ha aggiunto Boeri -.  Mi chiedo se non valga la pena di introdurre dei contributi obbligatori destinati in modo trasparente al fondo della non autosufficienza per sostenere le politiche di sostegno alle famiglie con persone non autosufficienti. Nel settore pubblico esiste già questa modalità, con il contributo dello 0,35 per cento e nelle prossime settimane annunceremo una riforma importante di quel programma pilota che abbiamo avviato nel settore pubblico “Home care premium” con l’obiettivo di abbattere i costi di gestione e assicurare una copertura su tutto il territorio nazionale. Viene da chiedersi se non varrà la pena di avere una contribuzione obbligatoria anche nel settore privato di alcune categorie e pensare di estendere la contribuzione obbligatoria alla stessa popolazione a rischio, quindi agli stessi pensionati. Ci deve essere una forma di condivisione del rischio di non autosufficienza. E’ quel che accade già altri paesi”. (ga)

 

Da redattoresociale


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