È uno dei passaggi della lettera aperta che la Fnsi ha inviato al presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, i cui contenuti sono stati illustrati questa mattina nella sede del sindacato dei giornalisti italiani nel corso di una conferenza stampa a cui hanno preso parte anche alcuni giornalisti costretti a vivere sotto scorta per via delle loro inchieste, come Michele Albanese, Federica Angeli, Paolo Borrometi, Marilena Natale, Sandro Ruotolo. O come Nello Trocchia, a cui invece la scorta non hanno ritenuto di doverla assegnare, nonostante le intimidazioni subite.
«In Italia come all’estero – ha esordito il segretario generale Raffaele Lorusso – si sta imponendo l’idea che si debba fare a meno dei mediatori dell’informazione. Idea che si traduce in ripetuti tentativi di eliminare il diritto di cronaca e la libertà di informazione. In America c’è il presidente Trump, in Italia siamo al 77esimo posto nella classifica mondiale sulla libertà di stampa. E questo perché dobbiamo fare i conti con fenomeni come le minacce ai giornalisti, le querele e le richieste di risarcimento danni temerarie, nodi strutturali irrisolti come la mancanza di leggi sul conflitto di interessi e sulle concentrazioni editoriali o di norme che rendano davvero la Rai indipendente dalla politica».
Tutto ciò limita la libertà d’informazione e questo a danno del diritto dei cittadini ad essere correttamente informati. «Per questo ci rivolgiamo al presidente Mattarella affinché eserciti la sua autorevolezza sul parlamento ed esorti con un suo messaggio la politica a trovare soluzioni tempestive ed efficaci contro questa serie di problemi», ha concluso Lorusso.
Una prima risposta dalle istituzioni è arrivata, a fine conferenza stampa, con la convocazione da parte del ministro della Giustizia, Andrea Orlando, ad un tavolo di approfondimento sulle querele temerarie. Un primo passo, cui devono seguire impegni concreti.
«Siamo sempre stati contrari alle liste di proscrizione e sempre lo saremo, senza distinzioni di colore o di bandiera politica. L’attacco al diritto di cronaca è oggi insostenibile, inaudito e irresponsabile. I politici – ha ribadito il presidente Giulietti – devono capire che non possono scaricare sui cronisti le loro contraddizioni interne. I colleghi che sbagliano devono risponderne e ogni cittadino ha già a disposizione tutti gli strumenti necessari. Ma non si possono fare processi sommari a tutta la categoria. Non si possono invocare carcere e punizioni che limitino in alcun modo il diritto-dovere di fare informazione. Non si possono sopportare gli attacchi e gli insulti ai cronisti e ancora di più alle croniste, che ogni giorno vengono massacrate per il loro essere donne e madri, oltre che giornaliste».
La Fnsi ha quindi chiesto di incontrare il presidente Mattarella, insieme con i colleghi di recente insigniti dal capo dello Stato, rivolgendogli l’appello a far sentire la sua voce, «nelle forme e nei modi che riterrà, per sostenere i giornalisti nella loro battaglia per la legalità, contro il malaffare e contro le vessazioni rappresentate dalle querele temerarie. Il disegno di legge di riforma della diffamazione – ha concluso Giulietti – così com’è non basta a questo scopo: serve un’azione concreta contro le intimidazioni, contro le querele temerarie, contro i discorsi d’odio e il sessismo. Non cerchiamo norme più repressive, ma più tutele per chi fa informazione e per i cittadini».
La Federazione nazionale della stampa ha anche rilanciato l’iniziativa già sperimentata con Paolo Borrometi e Federica Angeli: mettere a disposizione i propri legali per seguire i giornalisti ed affiancarli nelle azioni che decideranno di intraprendere contro chi attacca loro e con loro il diritto di cronaca e l’articolo 21 della Costituzione.
«Ogni giorno – è stata la testimonianza di Michele Albanese, responsabile per i progetti di educazione alla legalità della Fnsi – vediamo gli attacchi incrociati rivolti ai giornalisti da politici e criminali. Si sta cercando di far passare l’idea che chi fa il giornalista non risponde a logiche di verità e di giustizia. Questa idea va respinta con forza. Se la politica delegittima i giornalisti, i criminali usano gli attacchi dei politici per sferrare un secondo, ancor più poderoso assalto ai cronisti che lavorano per smascherare il malaffare. E questo succede in tutta Italia, non solo al Sud».
Il presidente di Casagit, Daniele Cerrato, ha quindi lanciato l’idea di costituire un fondo ad hoc, a cui partecipino tutti gli enti di categoria, da mettere a disposizione dei colleghi e delle colleghe che oggi sono minacciati. Mentre il segretario dell’Usigrai, Vittorio Di Trapani, ha ribadito la necessità di allontanare quei giornalisti che con i loro insulti alimentano le degenerazioni del diritto di cronaca e allo stesso tempo di rivolgere più attenzione ai colleghi più deboli, che non hanno alle spalle un editore forte e lavorano spesso senza contratto. «Riprendiamo le loro inchieste – ha detto Di Trapani – e diamo loro la scorta mediatica. Sarebbe bello, infine, che venisse finalmente creato in Rai quel nucleo di giornalismo investigativo sognato ormai troppi anni fa da Roberto Morrione».
Piero Badaloni ha chiesto di inserire nelle rivendicazioni anche il tema della corruzione. Elisa Marincola ha raccontato il lavoro sul campo svolto dai giornalisti di Report con le loro inchieste. Sandro Ruotolo ha ricordato che «siamo sotto attacco della politica da sempre» e fatto appello alle istituzioni, ma anche ai direttori dei giornali e a tutta la categoria perché «ci attaccano quando siamo soli. Non lasciamo soli i giornalisti coraggiosi, politica e giornali non si girino dall’altra parte».
Il segretario Lorusso ha chiuso la conferenza stampa ricordando l’importanza del tema: «Cittadini meno informati non possono partecipare alla vita democratica del Paese, non possono scegliere consapevolmente. Ma deve essere la stessa categoria a ridare dignità e decoro alla professione. E per far questo proporremo all’attenzione del presidente Mattarella anche il tema del rispetto dei diritti del lavoro. Alla vigilia dei decreti attuativi della riforma dell’editoria rilanciamo il bisogno di norme per il lavoro regolare, oltre che a tutela dei giornalisti minacciati e contro le querele temerarie. Se non si dovesse arrivare ad una inversione di questa situazione non esiteremo a scendere in piazza, magari davanti a palazzo Chigi».