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Il “piccolo” mondo dei volontari con disabilità: far del bene fa bene

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C’è chi ha messo in piedi un centro di aggregazione giovanile, chi accompagna gli anziani della casa di riposo al mercato, chi raccoglie viveri per i più poveri e chi passa interi pomeriggi al canile. Storie ed esperienze raccolte in un’inchiesta

 

ROMA – Volontari con disabilità, un’inversione di ruolo tutt’altro che scontata in cui le persone disabili diventano soggetti anziché destinatari di aiuto e di attenzione. Se ne occupa l’inchiesta (che raccoglie storie ed esperienze pubblicata) nel numero di febbraio del magazine SuperAbile, la rivista cartacea dell’Inail sui temi della disabilità. La giornalista Michela Trigari racconta un aspetto meno noto del volontariato. In Italia le esperienze non mancano. Come quella de “La casa di Cristina”, che porta il nome  di una ragazza in carrozzina di 29 anni che, insieme ad altri tre universitari disabili, a Pescara ha dato vita a un centro di aggregazione per bambini e adolescenti con disabilità. Dei quattro giovani fondatori è rimasta solo lei a fare volontariato in modo assiduo all’interno dell’associazione, mentre gli altri vanno solo ogni tanto. “Volevo dedicarmi ai più piccoli per dimostrare loro che la vita non è tutta sofferenza, ma anche sorrisi e felicità – racconta -. E volevo pure capire come è possibile lavorare pur avendo una disabilità importante come la mia”. Così, nel 2011, ha creato una onlus che è al tempo stesso ludoteca, laboratorio musicale, cinematografico, di canto e di manualità, nonché un luogo per le feste, e che si avvale della collaborazione di operatori sociali, tirocinanti e volontari. Cristina – che ha un’emiparesi doppia a causa della sindrome di West – è laureata in Scienze dell’educazione, si sta specializzando in Scienze pedagogiche e da grande vuole fare l’insegnante. Fa parte di quel piccolo mondo quasi invisibile di persone con disabilità che aiutano il prossimo.

Oltralpe l’hanno già notato: l’associazione France Bénévolat, infatti, ha realizzato una ricerca sul tema – intitolata La place des personnes en situation de handicap dans l’engagement bénévole 2016 (Il ruolo delle persone disabili nel volontariato) -, individuando ben 71 buone pratiche di realtà e organizzazioni francesi che coinvolgono volontari disabili. C’è chi si occupa dell’amministrazione o del funzionamento pratico dell’associazione di appartenenza, chi organizza corsi di Braille o lingua dei segni, ci sono i rappresentanti all’interno di comitati e consulte o coloro che si battono per i grandi temi sociali come l’accessibilità universale, l’inserimento lavorativo, la vita affettiva e sessuale. Ma c’è anche chi anima eventi di sensibilizzazione, chi va a parlare nelle scuole o è impegnato in attività artistiche, culturali e sportive, e perfino chi si prende cura dei cavalli salvati dal macello.

In Italia troviamo più o meno la stessa situazione. Molte delle cariche direttive o di segretariato delle grandi associazioni di volontariato che si occupano di disabilità, infatti, sono ricoperte da persone disabili. Tra queste troviamo i vertici di Unione italiana ciechi e ipovedenti (Uici), Ente nazionale sordi (Ens), Associazione italiana sclerosi multipla (Aism), Federazione italiana per il superamento dell’handicap (Fish), solo per citarne alcune. Ma c’è dell’altro. Tante piccole iniziative individuali o di gruppo che vedono le persone disabili uscire dal guscio protettivo della propria onlus per andare a tendere una mano agli altri. Per esempio i ragazzi con autismo della cooperativa sociale Loco Motiva di Rieti, che per Natale hanno deciso di preparare marionette e pupazzi di stoffa da regalare ai bambini colpiti dal terremoto di Amatrice e dintorni. La cooperativa è nata per volontà di Andrea, un giovane autistico di 31 anni che voleva avere uno spazio dove poter insegnare agli operatori (sanitari e scolastici) e ai genitori quella comunicazione non verbale – cioè la comunicazione aumentativa alternativa – che gli ha permesso di raggiungere la laurea, dando così anche ad altri ragazzi la sua stessa opportunità. A portare i pupazzi di stoffa a destinazione sono stati alcuni degli stessi giovani, insieme al papà di Andrea e all’operatrice della Loco Motiva che ne ha seguito la fabbricazione. Era la seconda volta che Andrea andava a far visita alle terre devastate dal sisma. “Noi non vediamo le persone con autismo incapaci di intendere e di volere – dice il padre Nunzio –, ma al contrario le pensiamo in grado di capire il mondo che le circonda, capaci di provare emozioni e sentimenti, di rendersi conto delle situazioni difficili e di fare perfino del bene. Basta solo trovare il canale comunicativo giusto”.

Samuele, Mariarita, Paola e Damiano portano a spasso gli anziani di una casa di riposo. Tutti e quattro frequentano il centro socioeducativo “Le Villette” di Crema. “L’iniziativa è partita dalla riflessione secondo cui gli adulti disabili hanno alle spalle una vita intera di aiuti ricevuti da altri, mentre raramente si ragiona sulla possibilità che avvenga il contrario – spiega Patrizia Casappa, coordinatrice del centro diurno che fa capo all’Anffas (Associazione nazionale famiglie di persone con disabilità intellettiva e/o relazionale) –. Quindi perché non provare a invertire i ruoli? Dopo alcune proposte fatte a diverse realtà cittadine, la Fondazione Benefattori Cremaschi, che gestisce una residenza sanitaria assistita, ha accolto la nostra idea. Così i quattro, insieme a un nostro educatore e a un’animatrice della fondazione, hanno iniziato la loro opera di volontariato”. Ogni giovedì accompagnano alcuni anziani (chi in carrozzina, chi a braccetto) al mercato cittadino a fare la spesa, facendo anche una sosta al bar. “Tutto ciò è possibile solo grazie alla presenza di queste persone disabili che riescono a farsi carico dell’accompagnamento degli ospiti della casa di riposo. E i risultati sono più che sorprendenti: gli anziani sono entusiasti perché hanno la possibilità di frequentare un luogo a loro caro, di incontrare vecchie conoscenze e di fare alcune azioni che caratterizzavano la loro quotidianità prima di entrare nella Rsa. Anche le persone disabili che frequentano il nostro centro hanno evidenziato aspetti positivi da questa esperienza: sono molto motivate e felici di partecipare, in quanto percepiscono il sentirsi utili, adulte, più adeguate e sicure di sé. Naturalmente si sono create delle affinità, gli anziani non vedono l’ora che arrivi l’uscita del giovedì e accolgono volentieri i volontari dicendo: “Spingimi tu che sei un bel giovanotto alto”. I cittadini e i commercianti di Crema, inoltre, danno un riscontro positivo di questo servizio, consapevoli del fatto che, senza Samuele, Mariarita, Paola e Damiano, l’uscita al mercato per gli ospiti della Rsa non sarebbe possibile”, commenta la coordinatrice de “Le Villette”.

“A parte il benessere emozionale, poi, c’è tutto il discorso sul ruolo sociale delle persone con disabilità cognitiva: non si tratta di lavorare solo sull’inclusione, l’autonomia e l’autostima, ma anche di considerarle come una risorsa per l’intera comunità”. L’esercito dei consulenti alla pari. È una forma di volontariato “esperienziale” quasi professionalizzante, appositamente pensata per aiutare chi si trova alle prese con un vissuto simile al proprio e attiva in alcuni istituti di riabilitazione o in qualche onlus tra cui il Centro per l’autonomia umbro e quello di Roma, l’Istituto di Montecatone (in provincia di Bologna), l’Associazione unità spinale dell’ospedale Niguarda di Milano, Dpi Italia, l’Unione italiana lotta alla distrofia muscolare (Uildm). Attraverso una formazione specifica nell’ambito del counseling, si mettono in atto metodologie e tecniche di comunicazione finalizzate ad attivare nelle persone disabili una maggiore consapevolezza del proprio status e delle possibilità di riprogettare la propria vita anche dopo un trauma. Alcuni ricevono un contributo per il loro operato, ma nulla che sia superiore al classico rimborso spese. Uno degli ultimi casi è quello dello Sportello per la vita indipendente del Comune di Nola, in provincia di Napoli, inaugurato lo scorso settembre grazie a un apposito bando regionale finanziato dal ministero del Welfare e attivo per tutto l’ambito territoriale. A dare informazioni ai cittadini su normativa in vigore, pratiche burocratiche e quant’altro sono tre consulenti alla pari: Antonio e Giovanni De Luca e Francesco Ciccone (questi ultimi due responsabili rispettivamente delle sezioni della Uildm di Ciccano e Saviano).

Chi può trasferire, meglio di una persona con la distrofia muscolare, un know-how fatto di esperienze concrete e difficoltà pratiche a coloro che vogliono intraprendere un percorso di autonomia? – dice Ciccone, 50 anni, un figlio quasi adolescente e una madre anziana da gestire perché la sua compagna lavora tutto il giorno fuori casa -. Il nostro ruolo, però, non consiste solo nell’orientare, indirizzare e informare su ausili, assistente personale, detrazioni fiscali, eccetera, tutte cose per cui abbiamo seguito un corso, ma siamo anche in grado di dare consigli e raccontare il nostro vissuto. Il messaggio che vogliamo dare è “noi per noi”, smettendola di pensare sempre alla logica dei servizi assistenziali”. Ecco allora che la sensibilità e la consapevolezza dell’essere stati utenti diventano il valore aggiunto del loro ritrovarsi nel ruolo di collaboratori pubblici. Lo Sportello per la vita indipendente di Nola, infatti, è il primo di questo genere in Campania.

Da redattoresociale


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