La cronaca giudiziaria è sempre fastidiosa per quanti ne sono oggetto. E diventa insopportabile se è accompagnata da un lavoro di investigazione giornalistica che porta talvolta a rivelare fatti e documenti che i diretti interessati preferirebbero non diffondere, magari anche anticipando le stesse autorità inquirenti. Lo sanno bene i giornalisti che, lavorando sul fronte delle inchieste, ricevono quotidianamente querele a raffica, e lo sappiamo anche noi di Articolo 21 che sin dalla fondazione della nostra associazione, quindici anni fa, ci siamo schierati al loro fianco e continuiamo a chiedere una legge che metta un limite a querele e liti temerarie.
E’ quindi inaccettabile la lettera che il vicepresidente della Camera Luigi Di Maio, del Movimento Cinque Stelle, ha inviato al presidente dell’Ordine nazionale dei giornalisti (non competente per gli eventuali casi di violazione della deontologia professionale), chiedendo le scuse a nome della categoria e segnalando una lista di cronisti di razza impegnati da sempre nella verifica e nel racconto delle vicende più complesse della cronaca giudiziaria del nostro paese, e non solo. Tanto per fare qualche nome, visto che sono stati resi pubblici dell’onorevole Di Maio, parliamo di Fiorenza Sarzanini, capo della giudiziaria del Corriere della sera, attaccata anche sul blog di Beppe Grillo, Carlo Bonini, inviato di Repubblica che oltre ad anticipare e poi continuare a seguire l’indagine e il processo su Mafia Capitale, ha anche seguito la sparizione e l’omicidio in Egitto di Giulio Regeni, impedendo con le sue rivelazioni che su questo orribile caso di violazione dei più elementari diritti umani calasse il silenzio. O ancora le croniste del Messaggero Sara Menafra e Valentina Errante, entrambe con una seria storia professionale. E lo stesso Emiliano Fittipaldi, reo probabilmente di aver fatto bene il suo lavoro svelando ai lettori de l’Espresso vicende che qualcuno a Roma avrebbe preferito restassero nell’ombra.
Siamo insofferenti per principio alle liste di proscrizione, che siano parte dei momenti più bui della nostra storia, che vengano compilate da regimi dittatoriali, da presidenti trasformatisi in despoti, o siano il risultato di una pericolosa progressione di attacchi alla libera informazione, quale quella a cui stiamo assistendo da parte di alcuni esponenti M5S. Siamo da sempre convinti della grande responsabilità propria del mestiere del giornalista e per questo ci battiamo per l’affermazione dei valori della deontologia e contro fake news, insulti e linguaggio d’odio. Ma siamo altrettanto convinti che tra questi valori etici al primo posto ci sia il sacrosanto dovere di informare: solo un pieno e responsabile diritto di cronaca potrà, come qualcuno ha auspicato, fare “verità piena, senza effetti speciali”.