Nel luglio 2016 Mohammed al-Fazari ha capito di non farcela più. Dopo cinque anni di interrogatori e arresti, dopo aver diretto per oltre tre anni il quotidiano indipendente “Muwatan” malgrado la redazione venisse via via imprigionata, ha deciso di fuggire dall’Oman. Ora è rifugiato politico nel Regno Unito. Anche adesso che è all’estero, le autorità omanite non lo lasciano in pace. Non potendosela prendere con lui, si accaniscano sulla sua famiglia.
Il 30 gennaio sua moglie, Badriya al-Ma’mari, è stata arrestata al confine con gli Emirati arabi uniti, dove stava cercando di entrare coi suoi due piccoli figli di tre e un anno per poi tentare di prendere un volo per Londra. Voleva incontrare il marito, dopo sei mesi. Badriya al-Ma’mari è stata trattenuta, insieme ai piccoli al-Malak e al-Mahatma al-Fazari, per quattro ore. Per quasi tutto il tempo, le hanno detto – tra suggerimenti e intimazioni – di divorziare. Lei non ci pensa minimamente. Badriya al-Ma’mari è trattata alla stregua di una persona pericolosa. Ogni volta che cerca di passare la frontiera con gli Emirati, la bloccano: era già successo il 20 novembre e il 27 dicembre.
Amnesty International ha scritto alle autorità dell’Oman chiedendo la fine della persecuzione ai danni di Badriya al-Ma’mari e ricordando che continuando a sollecitarla a divorziare dal marito e a violare la sua libertà di movimento, così come a impedire ai figli di viaggiare per incontrare il padre, stanno violando un po’ di convenzioni internazionali. Insieme a quelle, anche i più elementari principi di umanità.