Ricordo bene quel 27 febbraio alla sede Fnsi, quando mi iscrissi per la prima volta alla neonata associazione Articolo21. Berlusconi era (di nuovo) al governo da pochi mesi e già sentivamo rinnovato il peso di quel conflitto d’interessi, mai sanato fino ad ora. Di lì a poco sarebbe uscito allo scoperto lanciando l’anatema contro Biagi e Santoro, che portò in breve fuori dal Servizio Pubblico le voci scomode, mentre chi nella Rai lavorava avrebbe dovuto resistere in stato d’assedio, come Roberto Morrione allora direttore di Rainews24, e noi tutti che lavoravamo con lui, al suo fianco.
Eppure c’era una grande consapevolezza diffusa dell’emergenza che ci circondava, tra noi addetti ai lavori, giornalisti, giuristi, donne e uomini della cultura e dello spettacolo, ma anche tra i cittadini che vedevano sparire poco a poco pezzi di realtà dalla narrazione mediatica. Tante le manifestazioni, allora, e molto partecipate, i passaparola che portavano a mobilitarsi sulle grandi vicende oscurate ma anche in difesa della stessa libertà d’informazione, del diritto di ricevere quelle notizie e ascoltare quelle voci. C’era una sana indignazione. Ma è mancata la politica che avrebbe dovuto trasformare quell’indignazione e quella forza di mobilitazione in progetto e produrre leggi all’altezza.
Oggi la realtà è deteriorata, all’indignazione si è sostituito un odio diffuso per l’altro e, soprattutto, per l’altra, una informazione corretta e approfondita è recepita come superflua e sostituibile con la “post-verità”, le bufale per intenderci, purché molto cliccate e condivise (non per niente Grillo è arrivato a proporre di far votare sul web il gradimento a notizie e giornalisti); impazzano leggi-bavaglio anche nell’Europa con più forti tradizioni democratiche: dalle norme spagnole sul diritto di cronaca al controllo del governo sulla governance della BBC. Alla pluralità delle voci si sostituiscono un po’ ovunque i nuovi “uomini forti” al comando, da Orban in Ungheria a Erdogan in Turchia, fino a quello che sembrava il baluardo della libertà di stampa, gli Usa, dove il presidente Trump è arrivato a fare quello che non fece neanche George W. Bush, in piena ondata patriottica dopo l’attacco dell’11 settembre: cacciare dalla Casa Bianca le testate “nemiche”, in questo seguendo quanto promesso in campagna elettorale sulla sua volontà di punire l’informazione “fastidiosa”.
In questi difficili quindici anni, Articolo21 non ha mai cambiato registro. Oggi come allora continuiamo a denunciare un conflitto d’interesse che si è diffuso fino a sottoporre il Servizio Pubblico direttamente al governo (impensabile persino con Berlusconi); oggi più di allora denunciamo i crescenti attacchi a croniste e cronisti scomodi, nel mirino delle mafie e, ancora di più, dei poteri grandi e piccoli infastiditi dalla rivelazione di notizie, e sempre più armati del micidiale strumento delle querele e liti temerarie. E che la nostra resistenza civile abbia un senso e, lo dico con un certo orgoglio, anche effetti concreti, lo dimostrano i nomi di quanti in questi anni abbiamo voluto con noi per consegnare loro il Premio Giuntella, da Marilù Mastrogiovanni a Peppe Baldessarro, da Federica Angeli a Giovanni Tizian, a Paolo Borrometi (nostro responsabile legalità), fino ai più giovani Ester Castano ed Elia Minari. Nomi che ritroviamo oggi ripresi e rilanciati nel blog di un grande cronista come Attilio Bolzoni, vero esperto di mafie in tutte le loro coniugazioni, che si nutrono dell’omertà oggi forte su tutti i territori e in tutti gli ambienti.
Croniste e cronisti scomodi e sempre più soli, anche se ormai noti come Lirio Abbate , Rosaria Capacchione o Nello Trocchia, o perché quella consapevolezza diffusa è venuta a mancare e perché la condizione lavorativa della stragrande maggioranza è di molto peggiorata, rendendoli ancora più vulnerabili.
Questa realtà deteriorata dà più forza alla nostra piccola associazione. Articolo 21 non guarda indietro (anche se la memoria è materia viva per il nostro impegno) e prosegue camminando con le nuove generazioni che, con più fatica e rischiando molti più di quindici anni fa, scelgono di illuminare periferie e vicende oscure. Con loro, croniste e cronisti giovani e meno giovani, intellettuali, musicisti, esperti di diritto e di media, attori e registi, semplici cittadine e cittadini, festeggeremo lunedì 27 febbraio dalle 20 al Caffè Letterario, i nostri primi 15 anni preparando i prossimi che si prospettano duri ma anche entusiasmanti per le sfide aperte. Senza mai tradire la nostra regola di vita: “Fai ciò che devi, accada quel che può”.