On. Peluffo, Articolo 21 inaugura con lei un giro d’interviste tra i rappresentanti di istituzioni che, a vario titolo, decidono del futuro della Rai. Le ragioni di questa iniziativa sono fondate: il rinnovo della Concessione è stato prorogato tre volte; nonostante una meritoria consultazione pubblica preliminare, le aspettative sono state disattese. In un’intervista concessa alcuni mesi fa ad Articolo 21 il Sottosegretario Giacomelli aveva affermato con fermezza alcuni punti: l’esclusività della concessione alla Rai; nessuna privatizzazione; tutti i generi, compreso l’intrattenimento, rientrano negli obblighi di servizio pubblico; l’azienda deve crescere internazionalizzandosi: quindi nessun ridimensionamento. Lei ritiene che questi obiettivi siano perseguibili senza ostacoli? Innanzitutto, lei li condivide?
In Commissione di Vigilanza si è tenuto un lungo dibattito, iniziato con l’allora viceministro Catricalà che aveva ipotizzato un bando di gara per la concessione del servizio pubblico. Fin da quel momento ci siamo detti contrari, ribadendo la necessità di un rinnovo della Concessione alla Rai e di un dibattito approfondito sui contenuti della convenzione, sulle priorità del servizio pubblico in epoca di convergenza delle piattaforme, sulla trasformazione della Rai da broadcaster a media company.
Il sottosegretario Giacomelli fin dalla prima audizione aveva indicato gli obiettivi che lei ha ricordato e a quelli noi ci atteniamo.
Un altro tema ricorrente nei lavori di questi anni della Vigilanza è stato il ruolo dell’intrattenimento nel servizio pubblico. In occasione di audizioni e di dibattiti è stato più volte riaffermato l’adagio del fondatore della BBC: il servizio pubblico è informare, educare ma anche intrattenere. Il discrimine tra l’intrattenimento della Tv commerciale è quello del servizio pubblico sta nella qualità dei contenuti e nell’attenzione ai linguaggi.
Il dibattito su un eventuale ridimensionamento della Rai è assolutamente fuorviante. Sarebbe utile concentrarci, invece, su quale sia il perimetro coerente con gli obiettivi di trasformazione in media company, e con quelli più generali di servizio pubblico contenuti nella Concessione.
Il Mise intende varare la nuova Concessione contestualmente all’approvazione della Convenzione, un atto amministrativo concordato tra la Rai e il Governo che richiede il parere – non vincolante, ma politicamente rilevante – della Commissione di Vigilanza. Da un rapido calcolo dei tempi, c’è il rischio di andare incontro a un nuovo rinvio, senza contare l’eventualità dello scioglimento anticipato delle Camere. Non ritiene che sarebbe un atto di saggezza e previdenza procedere a stretto giro al rinnovo della Concessione in modo che la Convenzione e la mission del servizio pubblico possano essere discusse e approvate con l’attenzione che meritano e con il più ampio consenso?
Nel decreto Milleproroghe è previsto un rinvio dell’attuale scadenza della concessione al 30 aprile. Si tratta dell’ultimo rinvio e di un tempo congruo per consentire alla Vigilanza di esprimere il proprio parere e al governo di completare il percorso concessorio, prima di un eventuale scioglimento anticipato delle Camere.
Pertanto, possiamo realisticamente pensare che il testo della Convenzione pervenga alla Vigilanza entro un paio di settimane?
È quello che ci aspettiamo, dopo averlo chiesto formalmente al Governo durante l’audizione dello scorso 11 Gennaio che aveva per oggetto proprio il percorso che porta al rinnovo della Concessione.
Si è provato a mettere fine alla deprecabile lottizzazione della Rai trasferendo i poteri dal CdA, che operava in regime di collegialità, all’Amministratore delegato. Tuttavia, la bocciatura di fatto del piano editoriale – e le conseguenti dimissioni di Verdelli – ha messo in luce una difficoltà nella governance, un grippaggio che la Fnsi e l’Usigrai ha commentato con un’espressione colorita: “Arrivati per innovare, hanno conservato. Hanno fatto tutto da soli”. Qual è il suo punto di vista sulle cause- non solo contingenti – di questa crisi? Ha qualcosa da rimproverarsi, visto che è stato relatore di maggioranza nell’iter legislativo della riforma della Rai?
Il governo Renzi aveva previsto un percorso di riforma del servizio pubblico in tre passaggi: riforma della governance, certezza di risorse per la Rai con modifica del meccanismo di riscossione del canone e rinnovo della Concessione. Con la riforma della governance abbiamo avvicinato la Rai al codice civile e alla realtà di grandi aziende complesse che hanno un amministratore delegato, figura apicale del management. Mettendo il canone in bolletta, in modo che tutti lo paghino, abbiamo dato certezza di risorse all’azienda e introdotto un elemento di equità per i due terzi dei nostri concittadini, che già lo pagavano. Il piano dell’informazione bocciato nella versione predisposta da Carlo Verdelli e che il 25 gennaio verrà presentato in Vigilanza in una versione definitiva, è il frutto del lavoro del direttore con il Cda. Si tratta di un atto di responsabilità dei vertici verso la Vigilanza, che dovrà esprimere il proprio parere, indicando se corrisponde agli impegni di tutela del pluralismo previsti dalla Concessione.
Alcuni mesi fa, una movimentata audizione in Vigilanza dei vertici aziendali portò alle dimissioni di due commissari del PD. In seguito alla vicenda Verdelli, una parte delle opposizioni ma anche esponenti del suo partito, hanno invocate le dimissioni del Direttore Generale. Potrebbe aprirsi una crisi politico-istituzionale sulla Rai?
Le dimissioni ad agosto di due commissari Pd della Vigilanza sono state il frutto di una dialettica sulla scelta dei direttori delle testate giornalistiche segnata da un clima politico di contrapposizione nel Pd a tutto tondo: le scelte Rai c’entravano fino a un certo punto. Invocare le dimissioni dei vertici a metà mandato significa decapitare l’azienda nel momento di definizione della Concessione e bloccare l’iter del progetto di riforma dell’informazione. I vertici devono essere giudicati a consuntivo, sui risultati conseguiti rispetto agli obiettivi del piano industriale presentato. Questo vertice, pur con errori, limiti e ingenuità, è impegnato in un difficile lavoro di rinnovamento dell’azienda: ogni critica e proposta puntuale va nella direzione e aiuta questo cambiamento; le polemiche strumentali mirano solo a bloccarlo. E questa è l’unica cosa che la Rai non può più permettersi.