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Rottamati sfidano Rottamatore

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Matteo Renzi rischia: dopo la presidenza del Consiglio potrebbe perdere anche la segreteria del Pd. E, in questa caso, sfumerebbe ogni possibilità di ritornare a Palazzo Chigi. Le sinistre democratiche tentano la riscossa: dopo aver vinto la lunga battaglia del referendum del 4 dicembre, quella contro la riforma costituzionale di Renzi, cercano di assestare il colpo finale allo sconfitto. I Rottamati del vecchio gruppo dirigente del Pd vogliono rottamare il Rottamatore. Un nuovo segretario e un altro presidente del Consiglio. Le minoranze del Pd ribollono, l’obiettivo è disarcionare Matteo Renzi. Massimo D’Alema ha rotto il silenzio con ‘Il Corriere della Sera’: «Nessuno è insostituibile». L’ex presidente del Consiglio, già segretario del Pds-Ds, pensa alle prossime elezioni politiche: «Con Renzi non vinceremo mai». Con chi sostituire Renzi? D’Alema, uno dei maggiori “rottamati” dal segretario del Pd, si limita a dire: serve «una personalità per rimettere insieme i riformisti».

Niente nomi né per la segreteria del Pd né per la presidenza del Consiglio. Ma nomi e programmi potrebbero uscire a fine gennaio. Sono mobilitati “300 comitati”, già al lavoro contro il referendum costituzionale di Renzi: «Sabato 28 gennaio ci riuniremo in assemblea, e proporremo di trasformare questi comitati per ricostruire il campo del centrosinistra». Il guanto di sfida lo ha lanciato anche Pier Luigi Bersani. L’ex segretario del Pd ha annunciato a ‘Repubblica’: «Qualcuno può escludere che in giro ci sia un giovane Prodi?». Anche in questo caso nessun nome, ma poi è arrivata una precisazione: va cercato «un nuovo Prodi più che un giovane Prodi». Occorre, cioè, un personaggio di spessore culturale e politico, non necessariamente anagraficamente giovane, ancorato a sinistra ma capace di rappresentare anche gli elettori di centro, liberali e cattolici.

Un fatto è sicuro: per correre da segretario del Pd, da eleggere nel congresso di fine anno, sono già in pista Roberto Speranza ed Enrico Rossi, due esponenti delle sinistre del partito. Il primo, ex giovane capogruppo alla Camera, è un fedelissimo di Bersani; il secondo è il presidente della regione Toscana. Poi, per Palazzo Chigi, impazzano tanti nomi: l’ex direttrice del Tg3 Bianca Berlinguer (la figlia di Enrico, amato segretario del Pci), l’ex ministro dei Beni culturali Massimo Bray, l’ex presidente del Consiglio Enrico Letta, il presidente della regione Puglia Michele Emiliano. Tra i papabili ci sarebbe anche il giovane ministro dello Sviluppo economico, Carlo Calenda. Sia D’Alema sia Bersani, che hanno votato ‘no’ al referendum sulla riforma costituzionale di Renzi, lamentano: il segretario del Pd “non ha cambiato rotta” dopo la sconfitta subita. I problemi centrali dell’Italia sono l’aumento delle “disuguaglianze” e della “povertà”, il populismo è una conseguenza della protesta sociale, il voto del popolo va capito. Il Pd ha perso voti tra i lavoratori, nelle periferie, al Sud, tra i giovani. Ora c’è la necessità di rappresentare “il disagio sociale”.

È cominciato un durissimo scontro tra la maggioranza renziana e la “vecchia guardia” del partito: prima per la segreteria e poi per Palazzo Chigi, sia se ci saranno le elezioni politiche anticipate sia se la legislatura finirà regolarmente all’inizio dell’anno prossimo. Renzi riflette sugli errori commessi e si prepara “a ripartire” rinnovando il vertice del partito e il programma. Le analisi sono contrapposte. Il segretario democratico, in una intervista a ‘Repubblica’ di alcuni giorni fa, ha attaccato le minoranze: «Sono stato circondato nel Pd da un vero e proprio pregiudizio, secondo cui non ero degno di rappresentare la sinistra». Ha obiettato: «Nonostante le leggende nere abbiamo perso a destra, non tra i compagni». Ha rivendicato i caratteri di una sinistra diversa: «Per me essere di sinistra è anche innovare, essere garantisti sulla giustizia, abbassare le tasse, non essere necessariamente a rimorchio del sindacato che contesta ideologicamente i voucher e poi li usa».

La sfida a Renzi è partita e il segretario è pronto al duello. Lo scontro sarà a tutto campo: sarà rovente sull’identità politica, sul piano culturale, programmatico ed organizzativo. Già, anche l’organizzazione avrà un ruolo importante: militanti interni e usciti dal partito, i circoli del Pd, vecchie e nuove associazioni sociali, sindacati di lavoratori ed imprenditoriali, fondazioni culturali e comitati. Ogni tanto qualche giornale ventila una scissione. Ma fin’ora, pur tra critiche pesantissime, tutti hanno escluso una scissione del Pd.


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