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Repubblica Centrafricana: Chiude Mpoko, luogo simbolo della crisi, ma un quarto della popolazione è ancora sfollata

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Chiude il campo sfollati di Mpoko all’aeroporto internazionale di Bangui, capitale della Repubblica Centrafricana (CAR), il luogo simbolo della violenta crisi che ha devastato il paese negli ultimi tre anni. Ma per Medici Senza Frontiere (MSF), che da oltre 20 anni fornisce assistenza medico-umanitaria nel paese, i problemi in CAR sono tutt’altro che risolti: una persona su quattro è ancora sfollata, all’interno o al di fuori dei confini nazionali, e più della metà della popolazione dipende dagli aiuti per sopravvivere.

All’apice del conflitto, una guerra senza quartiere che dal 2013 ha raggiunto spaventosi livelli di violenza, Mpoko ha ospitato fino a 100.000 persone, ammassate lungo le piste di atterraggio in cerca di protezione dalle forze internazionali lì presenti. Ma a parte la presenza militare delle Nazioni Unite e della Francia, il paese non ha visto una mobilitazione di aiuti internazionali adeguata agli enormi bisogni della popolazione. Gli sfollati a Mpoko hanno vissuto in estrema precarietà. E le ultime 20.000 persone che lo hanno lasciato dovranno affrontare condizioni di insicurezza, infrastrutture fatiscenti, case crivellate, con 150 euro per famiglie di 6 membri per ricominciare a vivere.
“La chiusura di Mpoko è una buona notizia e un segno di stabilizzazione del paese. Ma le persone hanno ben poco a cui tornare e un quarto della popolazione vive ancora lontano dalle proprie case” ha detto Loris De Filippi, presidente di MSF che ha lavorato in Repubblica Centrafricana all’inizio della crisi. “Questa crisi di brutalità inaudita è passata quasi inosservata, con l’eccezione dell’immagine simbolica di Mpoko: un mare di sfollati accalcati tra le carcasse degli aerei. Ora quel simbolo è scomparso, ma i problemi del paese restano.”

Le équipe di MSF hanno iniziato a fornire supporto medico a Mpoko il giorno dopo l’arrivo delle prime famiglie. Nel giro di pochi giorni hanno costruito un ospedale da campo con 60 posti letto, dove hanno lavorato 1.000 giorni, offrendo servizi sanitari anche al di fuori della popolazione del campo. Al momento della chiusura, due terzi dei pazienti dell’ospedale venivano da fuori, perché non c’erano altri servizi medici gratuiti ed affidabili a loro accessibili.

“Mpoko è stato un progetto davvero speciale. Abbiamo costruito l’ospedale in pochi giorni, con assi di legno e tela cerata, in un’area in cui non c’era nulla” racconta Francesco Di Donna, coordinatore medico di MSF che ha lavorato nel campo di Mpoko nel 2014  “In questi tre anni abbiamo testimoniato orribili atrocità. Molti dei nostri colleghi locali stavano subendo il conflitto in prima persona, alcuni vivevano nel campo perché anche loro avevano perso tutto.”

Dal 2013, le équipe di MSF a Mpoko hanno garantito 440.000 consultazioni, 46.000 interventi medici di pronto soccorso e 11.000 ricoveri. Nell’ospedale da campo sono nati 5.807 bambini. MSF rimane uno dei principali attori di assistenza sanitaria in CAR. Nel 2016 MSF ha speso 55 milioni di euro per sostenere 17 programmi medici in 9 prefetture. Questo importo supera il budget sanitario nazionale ed è notevolmente più alto rispetto agli investimenti di qualsiasi governo donatore.

Per approfondire: http://www.medicisenzafrontiere.it/notizie/news/repubblica-centrafricana-situazione-umanitaria-ancora-critica-i-donatori-non-possono


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