Voto “politico” che smina il campo al governo. Dal Pd volgari attacchi alla Cgil
Di Alessandro cardulli
Se ce n’era bisogno il gioco sporco, più o meno mascherato, dei giornaloni che non si sono fatti mancare niente per quanto riguarda gli attacchi velenosi alla Cgil nei giorni che hanno preceduto la riunione della Corte Costituzionale, è venuto allo scoperto. Titoli ed editoriali dal Corriere della sera a Repubblica parlano di sconfitta della Cgil, della sinistra, non si sa bene cosa intendono. O meglio, si capisce bene. Difendere i diritti dei lavoratori per i moderni scriba è tornare all’antico, ad un sindacalismo operaista, tipico di una certa sinistra che non rinuncia alla propria storia, alle conquiste di quella che, magari, si ostina a chiamare classe operaia in senso lato, perché anche ampi strati di ceto medio oggi si trovano in difficolta. Quel quesito referendario che metteva a nudo i guasti provocati dal jobs act, di cui la crescita dei liceziamenti era una evidente prova, una spina nel fianco nel “riformismo” renziano, non doveva passare. E’ stato preso di mira dagli scriba renziani, da editorialisti improvvisati, specialisti di retroscena che annunciavano il “no” della Consulta, probabile, quasi certo. E poi i voucher, l’attacco alla Cgil portato avanti da Repubblica con una intervista al presidente dell’Inps, il quale lanciava strali velenosi contro la Confederazione di cui è segretario generale Susanna Camusso. Ovviamente il giornale di Largo Fochetti si guardava bene da pubblicare con uguale risalto la smentita della Cgil. Stando a Boeri la Cgil avrebbe usato i voucher a piene mani quando si tratta, aveva già precisato la Cgil, dell’uso di voucher per pensionati impegnati nel volontariato, per un totale di circa 3, 5 persone in un anno. D’altra parte da un quotidiano convertito al renzismo che di fronte ai “bei nomi” di imprenditori e gente del mondo finanziario, debitori di miliardi nei confronti delle banche, se la cava criticando la pubblicazione dei nomi, confinandoli in poche righe, vedi Sorgenia, Cir che dovrebbero essere ben noti negli ambienti, non c’è da aspettarsi di meglio.
Il Corriere della Sera supera se stesso, dice e si contraddice
Il Corriere della sera, con l’editoriale di Polito, supera se stesso. Parla di “una indiscutibile logica nella sentenza con cui la Corte costituzionale ha negato l’ammissibilità del referendum sull’articolo 18. Per come era scritto il quesito, la sua approvazione avrebbe introdotto una nuova norma, mai votata da nessun Parlamento. La nostra Costituzione invece consente solo di abrogare una legge per via referendaria, non di riscriverla con il taglia e cuci”. Già che c’è fa lezione alla Cgil: “è difficile – scrive – da comprendere perché la Cgil, che certo non difetta di giuslavoristi, abbia mobilitato più di tre milioni di firmatari su un quesito del quale conosceva i rischi di bocciatura. Dal punto di vista politico, dietrologie a parte, la sentenza di ieri consente a Renzi di tirare un respiro di sollievo. Perché salva il Jobs Act, fiore all’occhiello del suo riformismo, dal concretissimo rischio di una sonora bocciatura popolare che avrebbe davvero messo fine alla stagione del renzismo, già scossa da due insuccessi elettorali e da una disfatta referendaria sulla Costituzione. Altrettanto chiaramente, la sentenza segna una sconfitta di tutta quella parte della sinistra che non ha mai accettato la svolta introdotta da Renzi nel mercato del lavoro, forse la riforma più importante che abbia fatto”. Ci spiace dirlo ma si tratta di strafalcioni, uno dopo l’altro. O meglio, Arlecchino scherzando si confessa. In primo luogo Polito dovrebbe sapere, e noi pensiamo lo sappia, il che è doppiamente grave, che è una solenne bugia il fatto che il parlamento non abbia mai votato norme simili al quesito referendario.
Il voto favorevole del Presidente della Corte al quesito sull’art.18
Non è vero, è già accaduto. Non solo, non è certamente un caso che il Presidente della Corte Costituzionale, Paolo Grossi, che qualcosa di più dell’editorialista del Corriere conosce in termini di costituzionalità abbia votato a favore del quesito insieme ad altri quattro giudici, fra cui la Sciarra cui era affidato il compito di redigere la motivazione, Nicola Zanon, indicato da Napolitano. Ovviamente, la giudice Sciarra, avendo votato a favore non “gradiva” motivare il voto contrario che ha avuto come paladini in primo luogo Giuliano Amato protagonista, a tutto campo, della battaglia contro la Cgil, e Augusto Barbera di nomina parlamentare. E’ finita per quanto riguardava il quesito sull’articolo con otto voti contrari e cinque favorevoli, assente un giudice, l’ex presidente Criscuolo per ragioni di salute. Il quindicesimo è da nominare. Per quanto riguarda la “sconfitta” della Cgil e delle sinistre verrebbe da dire “meglio soli che male accompagnati”. In questo caso gli “sconfitti” sono in buona compagnia, oltre tre milioni di cittadini. Da segnalare che le cronache relative alla seduta della Corte sono ben diverse dai commenti.
Una decisione tecnico giuridica dagli evidenti risvolti politici
Chi era presente, anche se tenuto a distanza, all’evento, magari in un sussulto di professionalità scrive, come fa Bianconi sul Corriere della sera, che si è trattato di una “decisione tecnico-giuridica ma dagli evidenti risvolti politici, che ovviamente non sono stati nemmeno sfiorati nelle oltre due ore di discussione fra i giudici costituzionali riuniti in camera di consiglio. Che poi nella testa di qualcuno ci fossero anche le conseguenze che la sentenza avrebbe avuto sul destino della legislatura, o i desideri di qualche leader di partito, è tutt’altro discorso”. Prenda nota l’editorialista Polito. E anche Liana Milella nella cronaca di Repubblica non può fare a meno di sottolineare il significato politico di questo voto in vista della prossima riunione della Consulta che ha all’ordine del giorno l’Italicum.
Zanda (Pd) attacco vergognoso alla Cgil: minaccia gli equilibri democratici
Se qualcuno aveva dei dubbi sulle pressioni che, in un modo o nell’altro sono state esercitate non solo dai media sui giudici basta leggere la dichiarazione del presidente dei senatori Pd, Luigi Zanda. Se la prende con Susanna Camusso e la Cgil perché ha dato l’annuncio di un possibile ricorso alla Corte europea per quanto riguarda l’articolo 18. “Esagerato – afferma – ricorrere alla Corte europea. Significa contestare il massimo organo di garanzia della Repubblica e mettere in dubbio il ruolo di tutela dei diritti e dei valori costituzionali. Le democrazie parlamentari hanno equilibri fragili che così vengono ulteriormente minati”. Tradotto: la Cgil attenterebbe agli “equilibri”. Non solo, a dire di Zanda le democrazie parlamentari sono “fragili”. Già sentito dire, anche molti anni fa. Il presidente dei senatori Pd preferisce i regimi con un uomo solo al comando? Non vogliamo pensarlo. Allora non offenda la Cgil.