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Rai. Riflessioni sulle dimissioni di Verdelli e la funzione del servizio pubblico

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Verdelli con il suo piano, bocciato dal CdA RAI, a mio giudizio ha svolto una indagine sull’informazione del Servizio Pubblico, che serve prima di tutto a lui per capire in quale azienda complessa è stato chiamato più che  proporre una nuova organizzazione che pensa sia originale e mai pensata.  La proposta di Verdelli è stata fatta pervenire alla stampa, e questo ha segnalato, le difficoltà, le resistenze, ad attuare questa diversa organizzazione dell’informazione RAI.

Il progetto non presenta , a mio giudizio elementi di novità. La RAI nel 1972 aveva una unica Direzione Centrale del Servizi Giornalistici, diretta dal Pier Paolo Gennarini (D.C.) Direttore di tutti i TG radiofonici e televisivi e l’informazione era fatta anche da inchieste sempre molto apprezzate realizzate da giornalisti che hanno fatto la storia della informazione televisiva della RAI. I giornalisti nel 1972 era circa 700 unità, i dipendenti erano circa 10.000 di cui circa 400 dirigenti; le reti non esistevano e le  varie direzioni erano divise per generi (Servizi Giornalistici radiofonici e televisivi- Spettacolo – Culturali – Programmi Radiofonici). La proposta Verdelli, ricalca l’organizzazione RAI degli anni settanta aggiornata ad oggi.

Con la riforma dl 1976 il Servizio Pubblico è stato diviso in Reti, Testate e Sedi Regionali e l’ influenza diretta dei partiti politici determinava le nomine delle varie reti e testate (la DC Rete uno e TG uno – PSI Rete due e TG 2 – P.C- Rete tre e TG3, la direzione delle sedi regionali era a “zebra” ovvero rispondeva alla direzione politica delle singole regioni). I dipendenti dalla riforma del 1976  fino ad oggi, sono stati quasi sempre circa tredicimila (di cui circa 400 dirigenti) e i giornalisti circa 1700 numeri simili a quelli di oggi.

L’informazione RAI è sicuramente la meno seguita nel foltissima offerta informativa delle altre televisioni e del Web; ormai  i fatti, in qualsiasi parte del mondo accadono ci vengono forniti in diretta. Il Servizio Pubblico, non ha operato un adeguamento di sintonia con il pubblico, propone una informazione paludata, ad esempio basta vedere il TG UNO quando conduce il giornalista Francesco Giorgino e si ha la certezza della distanza con gli ascoltatori e il calo di ascolti complessivo dell’informazione RAI Servizio Pubblico. L’ esperienza passata, ha dimostrato che la soluzione non è spostare il luogo di messa in onda dei telegiornali (Milano), fino ad oggi non ha modificato il rapporto con il pubblico.  Chi si occupa di televisione, da molti anni, ha imparato che i professionisti che realizzano contenuti informativi multimediali, sono le persone che meglio di altri sono in grado di proporre cambiamenti efficaci.  La televisione è una macchina complessa e quasi sempre chi pensa a tavolino e non si è mai cimentato sul campo, e non raggiunge lo scopo di miglioramento prefissato.

Nella RAI servizio pubblico vi sono delle eccellenti professionalità che da anni si cimentano su questi problemi, sanno benissimo che stiamo vivendo una rivoluzione tecnologica digitale che ha modificato tutto il mondo della comunicazione. Per esempio la trasmissione REPORTER di Milena Gabanelli che dopo 20 anni passa il testimone a  Sigfrido Ranucci, sono stati e saranno un esempio, insieme a tutta la redazione, di come fare informazione e innovazione tecnologica, che piace al pubblico e  potrebbero essere degli ottimi consulenti. Il futuro è sicuramente nella fruizione interattiva del mezzo comunicativo, raggiungere le situazioni particolari, le identità territoriali, mostrare le molte tradizioni italiane nell’era della globalizzazione (glocal) e avere la certezza che la televisione progressivamente si sta spostando verso  il web. Modificare il modello organizzativo della realizzazione dei fatti, sapendo che nel prossimo futuro  le reti di diffusione tradizionali saranno sostituite dalle reti a larga banda. Verdelli propone l’ Interazione, l’ Allegria, il Dinamismo, ma non è una ricetta sufficiente , i cambiamenti avvengono per fertilizzazione tra le varie professionalità,  far lavorare insieme ingegneri informatici, creativi, giornalisti, per pensare una nuovo modello ideativo –produttivo, nuove architetture comunicative, d’informazione, in sintonia sia con il pubblico nativo digitale sia con le persone ancora  prigioniere del “Digital Divide”.

 


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