Si apre con una frase inquietante, il comunicato del Comitato di Redazione de “l’Unità”, pubblicato di “spalla” in prima pagina, a mo’ di editoriale. “Quando la scure di abbatterà su di voi, la morte avrà la mia faccia”; a dirlo, informa il CdR de “l’Unità” è nientemeno che Guido Stefanelli, amministratore delegato dell’Unità srl.
Degrado ignobile, viene definito questo modo di fare (e di dire); e si sottolinea: “Al segretario del PD e ai soci di maggioranza abbiamo rivolto domande di merito sulla situazione del giornale, sulle responsabilità e le prospettive. Non abbiamo ricevuto risposte. Se non silenzi, insulti, minacce e generiche rassicurazioni”. Ripeto: “silenzi, insulti, minacce…”.
Dunque, l’amministratore delegato di un giornale annuncia con serena tranquillità, ed evidentemente consapevole del peso e della gravità delle sue parole, che c’è una scure che si abbatte sul capo di una redazione e dei lavoratori di un giornale; e impugnare la mortale mannaia, sarà lui; lui è il boia. Dopo i silenzi, dopo gli insulti, dopo le minacce, un fatto concreto. Annunciato, ma pur sempre un fatto.
Stefanelli dice quello che voleva dire; è irrilevante che abbia pensato o meno a quello che ha detto; conta che abbia detto quello che pensa. Un “pensiero”, un “dire” in perfetta coerenza con i comportamenti, con il modo di fare, che con numerosi comunicati il CdR de “l’Unità” ha puntualmente comunicato ai suoi lettori. Un comportamento, un “fare” chiarissimo, inequivocabile; e ora parole che corrispondono perfettamente ai metodi.
Come lettore de “l’Unità” e suo collaboratore saltuario, non sono tenuto a conoscere chi sia Stefanelli, perché abbia assunto il ruolo che ora ricopre, quali obiettivi si prefiggeva e si prefigge; certamente non a me va detto chi sia questo signore, né io mi devo preoccupare chi sia. Ma i dirigenti del Partito Democratico, quando hanno accettato e consentito che diventasse amministratore delegato de “l’Unità srl”, avevano la minima idea di chi fosse? Erano a conoscenza della sua caratura, se ne sono occupati e preoccupati? Quella frase: “Quando la scure si abbatterà su di voi, la morte avrà la mia faccia” non credo l’avrebbe pronunciata neppure il più ottuso e miope padrone delle Ferriere.
Parlo del Partito Democratico nel suo insieme, non solo del suo segretario, che evidentemente, nonostante i deprimenti risultati conseguiti, continua a confidare nei tweet, e continua a mostrare il più assoluto disinteresse (se non fastidio), per “luoghi” nei quali lievitano confronti, opinioni, idee, incontri e scontri. Insomma: Il PD ha deciso, una volta tanto all’unanimità, che dopo 94 anni il quotidiano fondato da Antonio Gramsci, deve morire?
Il direttore Sergio Staino, Erasmo D’Angelis che l’ha preceduto, la redazione e i lavoratori de “l’Unità” si sono impegnati e sono impegnano, con ammirevole e straordinaria generosità e impegno; è però sconcertante assistere alla sostanziale indifferenza (ma anche ostilità?), proprio di chi si dovrebbe attivare in prima persona per sostenere il giornale.
Per parte mia, mi chiedo in che bizzarro tempo mi accade di vivere: io radicale e liberale da sempre, che ricordo le “rasoiate” di Fortebraccio nei confronti di Marco Pannella, il suo tessere l’elogio della sberla data da un militante del PCI a Botteghe Oscure, le mille polemiche… ogni volta che transito a via delle Botteghe Oscure sono preso da melanconia, nel pensare che quelle stanze un tempo furono di Enrico Berlinguer e Luigi Longo, di Giorgio Amendola e Giancarlo Pajetta, di Pietro Ingrao ed Emanuele Macaluso, di Giorgio Napolitano e Alessandro Natta; ora sono occupate da non so da chi e da cosa, e comunque al posto della libreria “Rinascita” c’è un supermercato. Per carità, nulla contro i supermercati… ma proprio a Botteghe Oscure lascia il sapore in bocca.
Ancora più amaro leggere i comunicati del CdR de “l’Unità”, gli sconsolati editoriali di Staino, quel chiedere a Matteo Renzi spiegazioni e chiarimenti che non arrivano. E poi quel “Quando la scure si abbatterà su di voi, la morte avrà la mia faccia…”. PD, che non sei mai stato il mio partito: ma non è una vergogna? E non è una vergogna che non si provi vergogna? Più in generale: non è anche affare nostro, se un quotidiano con la storia e il patrimonio de “l’Unità” lo si vuole far morire come accade tra l’apparente indifferenza dei più e la malcelata soddisfazione di più di qualcuno?