Non serve un maquillage al Jobs act per evitare il referendum. Tutto il complesso normativo che regola i rapporti di lavoro nel nostro Paese va rivisto. L’introduzione delle tutele crescenti, con la contestuale cancellazione delle tutele previste dell’articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori, non ha infatti arginato il precariato, come pure era nelle intenzioni del governo. È per questo auspicabile che l’esecutivo intervenga in profondità e con decisione per cancellare tutte le forme di lavoro atipico che forniscono un quadro di legalità a situazioni di sfruttamento e precarietà dilagante. È in gioco il futuro di una generazione di lavoratori, altrimenti destinati a restare nel limbo del “lavoro mai”.
L’intervento sui voucher non basta: è necessario correggere la normativa sui contratti di collaborazione coordinata e continuativa, diventati i voucher del settore giornalistico. La facilità di accesso a questo strumento continua a creare abusi consentendo a molti editori di mascherare lavoro giornalistico subordinato aggirando le norme del contratto nazionale e lo stesso Jobs act. La diffusione di forme di lavoro senza diritti e senza tutele nel settore editoriale rappresenta un’emergenza non soltanto per la dignità e il decoro della professione e delle persone che la esercitano, ma anche e soprattutto per il sistema democratico, perché indebolisce la qualità dell’informazione, bene supremo di ogni democrazia compiuta. Per tutte queste ragioni, il governo non può continuare a girare la testa dell’altra parte.