Insieme a tutti i diritti umani e a quelli civili, dobbiamo tutti, purtroppo, tornare ad occuparci in particolare dei diritti delle donne, che almeno due generazioni hanno ritenuto acquisiti. Non è così. Lo sciagurato avvento di Trump alla presidenza degli USA, abbinato con la persistente sciagura del dominio di Putin in Russia, rende oggi incredibilmente attuale la semplice difesa della donna in quanto tale. Milioni di donne lo hanno capito subito e non è un caso che stanno sfilando in tutto il mondo – in particolare nei vari stati americani – per contrastare politiche che non esito a definire neofasciste portate avanti con implacabile determinazione.
Il comportamento di Trump nei confronti delle donne era ed è cosa nota, documentata dalla sua vita, dalle registrazioni, dalle testimonianze, dalla sua stessa campagna elettorale: a me continua a sembrare incredibile che milioni di donne americane non abbiano capito in tempo che in pochi anni il loro destino è tornare indietro di decenni. Perché di questo si tratta.
La presenza femminile nel governo Trump è ridotta a quella che era prima della presidenza di Bill Clinton. Le decisioni di Trump che si susseguono di ora in ora preludono a interventi diretti anche sull’aborto negli Stati Uniti. La vergogna della foto che ritrae Trump con soli uomini mentre firma la revoca dei finanziamenti alle organizzazioni umanitarie che nei paesi più poveri del mondo praticano gli aborti è destinata a segnare un tragico cambio di passo in una delle questioni più laceranti per le donne di ogni paese.
Nelle stesse ore nella Russia di Putin si annuncia addirittura una legge che declassa le percosse in famiglia a semplice illecito amministrativo, perché non bisogna esagerare con le punizioni!
Diciamoci la verità, solo pochi anni fa tutto questo ci sarebbe sembrato impossibile. Come ci sarebbero sembrati impossibili i nuovi muri alle frontiere, la difesa della tortura, l’ostracismo verso gli omosessuali. E invece è il mondo in cui viviamo, è quello che sta accadendo nelle due potenze maggiori, mentre l’Europa si sgretola in preda alle diatribe sui decimali delle varie spese pubbliche.
Quella marea di manifestanti che ha sfilato in America nel giorno dell’insediamento di Trump deve darci la forza di reagire anche da noi, dove la voce delle donne è da tempo un po’ troppo flebile. E i primi che devono occuparsi di tutto questo sono i media, senza tentennamenti, senza esitazioni, ma con continuità, con attenzione alla specifica questione del tentativo, fortissimo, di far regredire le donne, di metterle a tacere, di ricondurle “nel focolare domestico”.
Negli eventi per i 15 anni di Articolo 21 questo tema ci sarà. Ma è importante che quest’anno il prossimo 8 marzo non sia una festa “normale”: dovrà essere, invece, una dichiarazione durissima da parte delle donne di tutto il mondo per dire che indietro non si torna!