Scrivo questa lettera aperta, alle istituzioni italiane, Ministero, Regioni, Scuole, Giornali e politici. In particolar modo ai politici. A quei politici che, per acquisire voti, sono disposti a cambiare la cultura del proprio paese, a quei dirigenti che non sanno che cos’è un film, e che non riescono a distinguere un thriller da un film di cronaca. Perché oggi, grazie alla cultura televisiva, esiste e si conosce solo la finzione, la fiction. Perché esistono politici che trattano la cultura e il cinema come un qualsiasi altro lavoro impiegatizio, perché ci sono dirigenti che non sanno distinguere un film da un documentario, e non riconoscono un film d’autore da un film commerciale.
E tutto questo succede in Italia, nel Lazio, in questa nazione e in particolar modo in questa regione che ha visto il cinema come uno strumento di lavoro e di cultura da fare invidia al mondo intero, parlo degli anni ’50 e ’60. Realizzando film di autore che ancor oggi ricordiamo, poi dal 1980 il disastro, l’ingresso della TV commerciale, poi negli anni ’90 la TV spazzatura, senza far distinzione tra la TV di stato e le private. Il Cinema in Italia è in un momento difficile, grazie a politici incapaci e ignoranti, perché ci sono dirigenti che provengono da altri settori, Tim – Telecom – Banche, inseriti nel cinema e nella cultura: ma che c’entrano con il cinema, cosa ne sanno di cinema? Eppure sono riusciti a mettere in ginocchio il cinema italiano.
Ma vado nel dettaglio, per capire o per far capire perché la cultura regolamentata dallo stato, il Mibact, ha dei parametri e delle regole sul prodotto cinema, su che cosa è un film , e come valutare i professionisti del cinema, mentre per la Regione Lazio si usano altri criteri. Si, perché la cultura nazionale, dove tutti noi, ci confrontiamo da sempre, viene messa in discussione da nuove regole fatte dal politico di turno o dal dirigente responsabile del settore, nominato chiaramente da quel politico che non sa nulla, che dice sempre di sì, ma che riesce a far bella figura solo se risparmia o apparentemente non spende. E qui è l’incapacità del momento politico e dei dirigenti di oggi. Dimostrare di aver risparmiato nel breve tempo di un anno, senza avere la lungimiranza del risultato a lungo termine, risultato economico, qualitativo e culturale. Scusatemi (qualità e cultura) non esistono più da 20 anni.
Scuola di Cinema Gianmaria Volonté, finanziata prima dalla Provincia di Roma con l’assessore alla formazione Massimiliano Smeriglio, oggi dalla Regione Lazio con lo stesso assessore. Bando per docenti di cinema nelle varie discipline per gli anni 2017/2019. Bando pubblicato da Capitale Lavoro S.p.A., una società per gestire una scuola. Perché il bando non viene pubblicato direttamente dalla Regione Lazio? Un dirigente mi propone di candidarmi come docente presso la scuola G.M. Volonté. Lavoro nell’industria cinematografica da 40 anni come scenografo e regista negli ultimi 10.
Ho consegnato la documentazione presso la sede di Capitale Lavoro S.p.A. nei tempi richiesti e nella graduatoria provvisoria del 7 dicembre 2016 il mio nome è al primo posto con punti 76 come scenografo e un secondo posto con punti 55 come regista. In seguito, nella graduatoria definitiva pubblicata il 20 dicembre 2016 il mio nome viene escluso dalla graduatoria con la seguente dicitura: MANCANZA DEI REQUISITI DI AMMISSIONE.
Il 21 dicembre mi reco personalmente presso la sede di Via Beniamino Franklin, 8 e, parlando con una responsabile, mi illustra le motivazioni dell’esclusione: benché ci sono i titoli di studi accademici e l’esperienza di circa 60 film come scenografo vengo escluso perché negli ultimi cinque anni non ho lavorato con questa professione. Mentre per la regia sono escluso perché i miei lavori sono docufilm e/o lavori di cronaca e, anche se riconosciuti dal Mibact come Interesse di Cultura Nazionale, benché hanno vinto premi nei festival nazionali e internazionali con un Nastro d’Argento nel 2012 non sono lavori di “finzione”. La signora mi consiglia di scrivere una e-mail al responsabile Dott. Giorgio Marini. Seguo il consiglio e spedisco una e-mail, il Dott. Marini gentilmente dopo un paio di giorni mi risponde scrivendomi “Gent. Sig. De Camillis, purtroppo L’Avviso Pubblico detta le regole di ammissione da cui non si può prescindere. La valutazione dei candidati si basa quindi soltanto sui criteri dettati dall’avviso stesso e non su valutazioni di merito. Come Lei stesso scrive, la sua figura professionale non risponde ai requisiti minimi richiesti relativamente all’area di scenografia. Relativamente alla domanda presentata per l’area di Regia, nell’avviso pubblico si legge “con “film” si intende ogni opera audiovisiva di qualsiasi durata e di qualsiasi genere” e quindi nella valutazione si è tenuto conto che anche il genere “documentario” rientra nella categoria di film, come anche Lei dimostra. La distinzione determinante ai fini dell’ammissione è però tra film di finzione e non. Non ci sono quindi gli elementi per effettuare una nuova valutazione delle domande presentate Un cordiale saluto
Il Responsabile del procedimento
Giorgio Marini
Ora mi domando, ma come è possibile che ci sia un bando per insegnanti di arte cinematografica e non viene considerato il merito artistico culturale di un insegnante? Come si può non considerare l’attività svolta in 40anni di lavoro come scenografo collaborando con registi di chiara fama come F. Rosi, Steno, G. Tornatore, G. Giannini, ecc. ma si considera una non attività lavorativa negli ultimi 5 anni? Ho cambiato solo indirizzo artistico lavorando come regista e scrivendo due libri pubblicati recentemente. Chi è in commissione che ha questa incapacità artistica di valutazione? (Nell’arte, mi hanno sempre insegnato che; se un pittore per un periodo della sua vita non dipinge, non è detto che non sia più un artista). E vorrei chiedere ancora se il maestro Pierino Tosi, il più importante costumista italiano con ben tre David di Donatello, otto Nastri d’Argento e un Oscar, sicuramente non sarebbe stato assunto dalla scuola Volonté perché sono dieci anni che non lavora? E’ vergognoso solo pensare una scelta del genere. (ricordo; il maestro P. Tosi insegna al Centro Sperimentale di Cinematografia e sono diversi anni che non calca più set cinematografici).
Per la Regia; come è possibile che si escluda dalla graduatoria chi non ha scelto di fare film di fiction mentre i film di genere non vengono considerati? E’ una regola folle, i film gialli, polizieschi, sociali o di cronaca non sono considerati dalla commissione di Capitale Lavoro S.p.A.. Perché questa scuola è impostata diversamente dalle regole nazionali e dai riconoscimenti che detta il Ministero dei Beni Culturali della Direzione Cinema? Perché Capitale Lavoro vuole dare una diversa impostazione culturale, o di non cultura ai suoi allievi? Un regista deve essere libero di esprimersi con le sue capacità e sensibilità artistiche e non dettate da una scuola che riconosce solo i film di finzione, come sottolinea il Dott. G. Marini.
Sottolineo l’ultimo problema. Qualsiasi struttura pubblica o privata ha l’obbligo di acquisire nella sua organizzazione una percentuale di lavoratori e/o collaboratori iscritti presso le liste delle categorie protette con la legge 68/99 ?
Perché, per il Centro sperimentale di cinematografia nazionale, per acquisire nuovi insegnanti, i requisiti di ammissione sono impostati con altri criteri. Abbiamo due concezioni di impostare la cultura cinematografica nella stessa nazione, ma non lo trovate paradossale? Lo stato mi dà dei criteri sulla cultura nazionale e le o la regione propone linee diverse? E’ ignoranza o voglia di gestire potere? Perché lo stato con una legge quadro non obbliga ad avere gli stessi parametri di studio e di cultura in tutte le scuole italiane? Troviamo enormi differenze di impostazione e di studio, quindi di cultura, tra la Regione Sicilia e la Regione Piemonte. Forse l’Italia ancora deve essere unita.
Vado dal mio Avvocato il Dott. Gianluca Piccinni, racconto i fatti, fornisco la documentazione, titoli di studio, film e quant’altro. Una verifica del bando per capire se ho ragione. L’Avv. Piccinni dopo un attento esame delle carte, mi consiglia di fare ricorso al TAR. Ci sono i presupposti per vincere il ricorso. E da questa possibilità veniamo a conoscenza che per fare un ricorso al TAR ti richiedono un bollo da E. 600,00 , solo per consegnare quattro fogli di carta. Mentre il tuo avvocato che amichevolmente ti chiede soltanto le eventuali spese; si arriva ad un tot. di circa 2.500,00, 3.000,00 Euro. Con una eventuale causa che può durare un paio di anni e, se il giudice ti dà ragione, non è certo che condanni Capitale Lavoro SpA al risarcimento delle spese. Quindi, puoi vincere la causa, spendi 3.000,00 Euro per ricorrere al TAR e rischi che la direzione di Capitale Lavoro ti metta in castigo con 20 ore al mese di lezione pari a circa 700,00 Euro.
Ma non lo trovate folle?. L’italiano ha le istituzioni contro. Tu cittadino non esisti, se poi parliamo di cultura a maggior ragione non devi esistere. La non cultura dà una maggiore possibilità al potere di gestire, di manovrare, di arricchirsi.
E c’è qualcuno che si chiede perché i giovani scappano all’estero.