Ogni mese 300 milioni di persone utilizzano Skype per comunicare. Tra loro, se ne servono molti giornalisti per condurre inchieste su temi delicati come la corruzione e la criminalità e tante organizzazioni per i diritti umani per svolgere ricerche e raccogliere informazioni sulle violazioni in corso. Una moltitudine di persone usa Skype semplicemente per chiacchierare con parenti e amici lontani.
Skype è uno dei servizi di messaggistica meno protetti dallo spionaggio dei governi. A differenza di WhatsApp e Facetime, infatti, non prevede la crittografia end-to-end. Questo significa che ogni conversazione che si presuppone privata o che è indispensabile sia privata potrebbe non esserlo. Si dice: se non hai niente da nascondere, non hai niente da temere. Ma, chi si occupa di ricerca o fa giornalismo lo sa bene, ci sono delle fonti da proteggere. E questa protezione la meritano tutti, anche due compagni di scuola che usano Skype per fare i compiti.
Il tema della crittografia end-to-end e della privacy non è estraneo a Microsoft, che in passato ne ha parlato e ha anche preso le parti di Apple in una recente polemica con l’Fbi statunitense. Ora è il momento di passare ai fatti. Garantire la riservatezza delle comunicazioni di tutti gli utenti di Skype ha anche a che fare con la reputazione e la credibilità di Microsoft.
Per aderire all’azione di Amnesty International si può inviare una mail a Microsoft attraverso questo link https://www.amnesty.it/usi-skype-allora-devi-sapere/