David Bowie non era un semplice cantante rock: David Bowie era il rock, la sua storia e la sua grandezza. E soprattutto era egli stesso musica, poesia, arte, bellezza: un eroe consapevole di esserlo ma capace, nonostante tutto, di rimanere umile, di restare con i piedi per terra, di non montarsi mai la testa e di vivere con ingenuo distacco il proprio essere una leggenda.
David Bowie nacque David Robert Jones l’8 gennaio 1947 e iniziò a regalare momenti di pura meraviglia sul finire degli anni Sessanta, attraversando mezzo secolo di composizioni epocali con la stessa freschezza e la stessa forza d’animo, persino nei giorni in cui sapeva di essere condannato a morte da un tumore che non gli lasciava scampo, inducendolo a lottare con la sola forza delle parole e delle note, con quel coraggio straordinario che lo aveva sempre caratterizzato e con quella felicità interiore che gli aveva consentito di mantenersi ai massimi livelli per l’intero percorso di una carriera artistica lunga ventotto album e ineguagliabile sia sul piano della notorietà sia per quanto concerne l’efficacia espressiva di un genio capace di sgorgare ogni volta in tutta la sua cristallina purezza.
Perché Bowie, come detto, era egli stesso musica e poesia: un sognatore poliedrico, un compositore appassionato e un viaggiatore giocoso, leggero, agile nel muoversi a metà fra il contesto terreno e quello celeste, come se ogni giorno dovesse essere l’ultimo, tanto che il suo album-testamento ci è sembrato quasi naturale, benché sia straziante per il dolore che suscita e per le emozioni che trasmette, con quel lirico passo d’addio che si perde fra le note e assume le sembianze di una grande narrazione sul senso della vita e i suoi valori.
David Bowie: divenne eroe per caso ed è stato bravo a rimanerlo, non stancando mai, non trasmettendo mai un senso di freddezza e di distacco, non smettendo mai di combattere, non perdendo l’autenticità e la dolcezza degli esordi e, più che mai, prendendo per mano chiunque avesse la fortuna di ascoltarlo, di stringersi a lui in un abbraccio ideale e di lasciarsi cullare dalla magia di melodie che ti entrano dentro e ti conducono lontano, oltre l’orizzonte, oltre i pensieri, oltre le sofferenze e le bestialità del vivere e quotidiano.
David Bowie, un anno dopo, e l’amara sensazione di aver perso un amico, un fratello, un punto di riferimento ma, in particolare, un esempio, un simbolo, un artefice di tutto ciò che vorremmo vedere in questo mondo tormentato dalla barbarie, dell’ingiustizia e da una violenza spesso cieca e gratuita.
David Bowie e il suo procedere nell’infinito, ora che ci guarda da lassù e le sue note continuano a risuonare nella nostra testa come attimi di liberazione, scampoli di lotta e di resistenza, boccate d’aria fresca nel contesto di una vita sempre più difficile e priva di speranza.
David Bowie e il futuro, anche adesso che non c’è più, lui che lo scorso 8 gennaio avrebbe compiuto settant’anni e invece si è dovuto fermare a sessantanove, vinto da un male incurabile che lo ha condotto in Paradiso quando chissà quanta altra magia avrebbe potuto regalarci con il suo ottimismo e la sua ineguagliabile gioia di vivere.
David Bowie, capace di portare gli anni Sessanta nel Duemila e di vivere fino alla fine con entusiasmo, superando ogni ostacolo e vincendo finanche la tristezza per la sua tragica sorte, prima di andarsene con gli occhi nelle stelle, sulle note di una colonna sonora lunga mezzo secolo e tuttora in grado di rendere speciali le nostre giornate che scorrono lente e inesorabili.
Semplicemente addio, semplicemente grazie, solo un pensiero e un’emozione particolare per te che ci hai mostrato come si possa essere giganti anche solo donando un sorriso.