Domani al via l’iter parlamentare del ddl 2128, fortemente sostenuto dal Coordinamento nazionale famiglie disabili gravi e gravissimi. Bellini: “Punto di forza sono le tutele reali, che mancano negli altri ddl presentati alle Camere. E’ dimostrato che rischiamo di vivere 17 anni meno degli altri: ma ancora non siamo riconosciuti. Una legge subito. E che sia una buona legge”
ROMA – Per alcuni “caregiver” domani sarà una “giornata storica”: inizia infatti l’atteso iter parlamentare del ddl 2128 sul riconoscimento giuridico del caregiver familiare in Italia e sulle relative tutele. Una delle leggi più attese dalle famiglie delle persone con disabilità, alcune di queste rappresentate dal Coordinamento nazionale famiglie di disabili gravi e gravissimi, che ha sostenuto questo disegno di legge, tra i tre diversi depositati in Parlamento, anche con la campagna “#unaleggesubito”. Ce ne parla Maria Simona Bellini, portavoce del Coordinamento.
Quali sono i punti di forza di questa proposta, rispetto alle altre in esame alle Camere?
I punti forti del sono soprattutto le tutele nei confronti del caregiver familiare, prima fra tutte quella della salute: un diritto sancito dalla Costituzione italiana e dalla Carta dei diritti dell’uomo, ma che in Italia viene quotidianamente violato, in quanto il caregiver familiare, privo di sostegni istituzionali adeguati, viene costretto a rinunciare alla propria salute, pur di garantire una vita dignitosa al proprio congiunto non autosufficiente. Anche le altre tutele previste riportano a questo aspetto fondamentale. Il prepensionamento per i Caregiver lavoratori permetterebbe – dopo decenni di doppio impegno, lavorativo ed assistenziale – di migliorare la loro qualità di vita e l’incremento delle aspettative di vita, ora ridotte – lo ricordiamo – anche di 17 anni rispetto alla normale popolazione, come risulta dalle ricerche del Premio Nobel Elizabeth Blackburn. Lo stesso vale per le tutele assicurative contro gli infortuni, il riconoscimento delle malattie professionali e la sostituzione, per motivi di salute, nel lavoro di cura ma, sempre e comunque, al proprio domicilio. Quest’ultimo aspetto è essenziale, anche per il rispetto della persona con disabilità, che ha il diritto di restare nella propria casa, nel proprio tessuto familiare, amicale e sociale, anche quando il Caregiver prevalente è impossibilitato.
A sostegno di questo disegno di legge, il vostro coordinamento ha lanciato, quasi due mesi fa, la campagna “#unaleggesubito”. Perché? In che consiste?
La campagna nasce proprio dall’esigenza di calendarizzazione del progetto di legge che, non dimentichiamolo, sancirebbe per la prima volta il riconoscimento giuridico del caregiver familiare e dell’alto valore sociale del lavoro di cura. Il ddl 2128 è stato presentato nel novembre 2015, ma dopo oltre un anno non ne era ancora cominciata la discussione nelle sedi istituzionali. La campagna ha proprio lo scopo di sensibilizzare l’opinione pubblica e, soprattutto, il Parlamento italiano su questo aspetto, che ormai rappresenta un’emergenza sociale non più derogabile. Il bilancio è estremamente positivo: partita il 3 dicembre 2016, ha utilizzato i social network, diventando virale in pochissimi giorni. Sono state inviate, postate e pubblicate di foto di caregiver familiari, corredate dello slogan della campagna. Tutta la società civile si è mobilitata e non mancano le adesioni anche dall’estero, dove il problema ha trovato risposta già da molto tempo.
Quali sono, oggi, i bisogni principali dei caregiver familiari?
Direi che quelli fondamentali sono sei: primo, tutela della salute e del benessere psicofisico personali; secondo, libertà di scegliere il proprio domicilio come luogo preferenziale in cui svolgere il lavoro di cura; terzo, possibilità di vivere anche una vita propria, recuperando spazi di libertà personale ed evitando così anche le gravissime sindromi da burnout; quarto, riconoscimento della propria figura come riferimento preferenziale nella comunicazione tra operatori sanitari/sociali e persona con disabilità non in grado di autorappresentarsi; quinto, riconoscimento delle tutele, senza che però questo divenga alibi per sottrarre risorse alle persone con disabilità; sesto, che non sia permessa la discriminazione tra caregiver familiari residenti in territori diversi, come purtroppo accade ora alle persone con disabilità. Per questo, nulla deve essere demandato alle regioni: un diritto, a parità di bisogno, deve essere uguale per tutti i cittadini.
Un caso emblematico di violazione dei diritti del caregiver familiare?
Il caso più rappresentativo della disattenzione delle nostre istituzioni nei confronti dei Caregiver Familiare è la riforma previdenziale Fornero, tutta basata sull’allungamento delle aspettative di vita della popolazione. Già nel 2009 Elizabeth Blackburn aveva vinto il Premio Nobel per la Medicina con studi scientifici di tipo clinico (non in laboratorio quindi, ma sulla popolazione) che avevano dimostrato che i caregiver familiari sono sottoposti ad uno stress talmente gravoso da ridurne le aspettative di vita di anche 17 anni. Nonostante ne avessimo informato il Parlamento, nessuna salvaguardia è stata prevista nella normativa per i caregiver familiari, che quindi secondo lo Stato italiano devono comunque andare in pensione come tutti gli altri, dopo i 67 anni.
Cosa chiedete oggi?
Chiediamo con forza che la calendarizzazione del ddl 2128 non sia solamente un atto formale. La legge, dopo oltre vent’anni di ritardo, deve essere emanata al più presto e deve essere una buona legge. Nessuno si contenterà di un mero riconoscimento, magari con tanto di giornata nazionale dedicata: si devono produrre reali tutele immediatamente esigibili, quanto meno per le situazioni più gravose. Su questo punto non intendiamo scendere a compromessi. #unaleggesubito, quindi. E che sia una buona legge! (cl)