La 1^ sezione penale della Suprema Corte ha spiegato che “la diffusione di un messaggio diffamatorio attraverso l’uso di una bacheca “facebook” integra un’ipotesi di diffamazione aggravata ai sensi dell’art. 595, terzo comma cod. pen., poiché si tratta di condotta potenzialmente capace di raggiungere un numero indeterminato o comunque quantitativamente apprezzabile di persone”. Gli atti di causa sono stati quindi trasmessi al tribunale penale di Pescara.
Per i supremi giudici “l’aggravante dell’uso di un mezzo di pubblicità, nel reato di diffamazione, trova, infatti, la sua ratio nell’idoneità del mezzo utilizzato dì coinvolgere e raggiungere una vasta platea di soggetti, ampliando – e aggravando – in tal modo la capacità diffusiva del messaggio lesivo della reputazione della persona offesa, come si verifica ordinariamente attraverso le bacheche dei social network, destinate per comune esperienza ad essere consultate da un numero potenzialmente indeterminato di persone, secondo la logica e la funzione propria dello strumento di comunicazione e condivisione telematica, che è quella di incentivare la frequentazione della bacheca da parte degli utenti, allargandone il numero a uno spettro di persone sempre più esteso, attratte dal relativo effetto socializzante”.
Ed ancora: “La circostanza che l’accesso al social network richieda all’utente una procedura di registrazione – peraltro gratuita, assai agevole e alla portata sostanzialmente di chiunque – non esclude la natura di “altro mezzo di pubblicità” richiesta dalla norma penale per l’integrazione dell’aggravante, che discende dalla potenzialità diffusiva dello strumento di comunicazione telematica utilizzato per veicolare il messaggio diffamatorio, e non dall’indiscriminata libertà di accesso al contenitore della notizia (come si verifica nel caso della stampa, che integra un’autonoma ipotesi di diffamazione aggravata), in puntuale conformità all’elaborazione giurisprudenziale della Suprema Corte che ha ritenuto la sussistenza dell’aggravante di cui all’art. 595 terzo comma cod. pen. nella diffusione della comunicazione diffamatoria col mezzo del fax e della posta elettronica indirizzata a una pluralità di destinatari.”
La motivazione integrale della sentenza n. 50 del 2 gennaio 2017 della Prima Sezione penale della Cassazione é scaricabile dal sito
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