Più del doppio. Rispetto ai dati di “Reporters sans frontières” c’è una grande differenza, anche quest’anno, sul bilancio dei reporter uccisi. Secondo il sito svizzero del Pec (Press Emblem Campaign) sono infatti addirittura 146, superiori anche alla media ma solo per la tragedia aerea di Medellin dove sono morti venti giornalisti brasiliani. Non conosco i meccanismi, ma sul Pec sono elencate tutte le vittime, nome per nome che riporto nel blog. http://scacciareporter.altervista.org/dossier-2016/ L’elemento che immediatamente colpisce è certo il “primato” anche nel 2016 dell’Iraq, a tredici anni dall’inizio della guerra. Una strage infinita che ha provocato 323 morti fra i cronisti, addirittura 447 secondo il sindacato di Baghdad. Al secondo posto, il dolorosissimo conflitto attuale della Siria, appaiato a quello antichissimo dell’Afghanistan: tredici vittime ciascuno contro le sedici irachene. Seguono il Messico, terra dei narcos, e lo Yemen, una guerra letteralmente dimenticata. Ma al di là delle analisi che ognuno può fare studiando i dati è il numero complessivo che impressiona e spaventa: le vittime fra i reporter negli ultimi dieci anni sono state addirittura 1232, un’enormità.
Accanto ai morti ci sono poi i detenuti: 348, con la Cina in testa (103) seguita da Siria (28) ed Egitto (27). Ma la prigione per giornalisti più grande del mondo resta probabilmente la Turchia, anche se il regime non fornisce neppure le cifre. Un quadro drammatico a cui ci sono da aggiungere anche i 52 ostaggi.
Situazione delicatissima anche in Italia, dove “Ossigeno per l’informazione” ha denunciato quest’anno altre 304 minacce e dove almeno trenta cronisti vivono attualmente sotto scorta. Quello di raccontare continua ad essere un mestiere sempre più difficile.