Tra gli effetti del dopo referendum c’è il rinvio della nuova concessione Rai, la cui scadenza sarà con ogni probabilità spostata di qualche mese se non di un anno. Sarà la terza proroga di un atto che pure era previsto, da più di venti anni, per il maggio 2016. Non resta che augurarci che questo tempo supplementare non sia perso, ma guadagnato per rendere concrete alcune delle buone idee circolate tra gli addetti ai lavori.
Delle proposte avanzate nel piano editoriale Verdelli, tra controversi accorpamenti e cambi di sede, generale consenso ha trovato l’avviamento di una nuova rete All News per il Servizio Pubblico, in lingua straniera e rivolta al pubblico internazionale. L’idea era peraltro emersa anche nel tavolo sull’informazione nella consultazione CambieRai promossa dal Governo. Per comprendere i vantaggi dietro un simile progetto, che all’apparenza potrebbe sembrare opzionale, è opportuno offrire un accenno sul quadro internazionale delle All News.
Nel globo trasmettono circa 300 reti All News, di cui la maggior parte (più di 200) in Asia ed Europa. Due terzi di queste consistono in reti private. Tra le All News si enumerano inoltre i diversi “sport”, “business” e “weather news channel”, che ammontano a circa una sessantina. Oltre il 90% di tutti i canali All News trasmettono nella propria lingua nazionale, mentre i restanti offrono servizi in un’altra lingua, principalmente l’inglese. Nel panorama europeo si contano 60 reti allnews, di cui 6 che trasmettono in più lingue edizioni differenziate. Si tratta di Euronews, che va in onda nelle 13 lingue dei paesi dell’Unione, Eurosport News (inglese e portoghese), France 24 (francese, inglese ed arabo), DW-TV (tedesco, inglese, spagnolo ed arabo), Russia Today (inglese, arabo, spagnolo e tedesco) e la cipriota Ada Tv (inglese ed arabo). A questi si possono accostare quei canali in lingua straniera curati dalla BBC, come la BBC Persian Television. L’offerta di un canale allnews in una o più lingue straniere rientra quindi nel palinsesto delle principali emittenti europee, un servizio volto non solo alle minoranze linguistiche in quei territori ma, fisiologicamente, ad un pubblico mondiale. I maggiori canali All News non in lingua nazionale traggono dal consumo internazionale la parte più consistente dei propri contatti. Un trend destinato a rafforzarsi mediante la distribuzione Over The Top.
L’Italia dispone di tre canali All News in italiano: Rai News 24, Sky TG24, TGcom 24. Queste tre reti hanno uno share medio annuo rispettivamente dello 0,52, 0,40 e 0,32% (al 2015) con Rai News e TGcom stabili attorno alle medesime percentuali. In apparenza si tratta di numeri non entusiasmanti, anche se va considerato che spalmando i contatti sulle 24 ore ciascuno di questi Tg ha un impatto paragonabile con un TG medio quale TG7 o TG4. Proponendo un confronto con due delle All News precedentemente menzionate, France 24 e DW-TV, si palesa una chiara distanza: al 2015, entrambe le emittenti potevano contare di più di 50 milioni di telespettatori (50,9 per France 24 e 55 per DW-TV), che portano ad un pubblico quotidiano di 7 milioni in media. Una platea assai ampia e costruita per la quasi totalità sugli spettatori stranieri. Analizzando la platea di 41 milioni di spettatori che aveva France 24 nel 2013, risulta come appena 4,4 di questi risiedessero in Europa, mentre la larga maggioranza, oltre 34 milioni, si sintonizzave dal Maghreb o dai paesi africani francofoni. Emerge da questo confronto una distanza raggelante, che può avere diverse spiegazioni: la povertà dei mezzi, una formula editoriale più orientata alla politica, la infelice collocazione nella affollata numerazione del digitale terrestre, ed, in primo luogo, il ristretto bacino linguistico delle nostre All News. Il piano Verdelli contiene qualche proposta per il rilancio della All News in italiano. Non è invece noto il progetto per il canale All News in inglese e/o altra lingua.
A fronte di quanto appurato, i vantaggi per una All News in lingua straniera sarebbero senz’altro rilevanti anche per il nostro sistema. Non a caso, durante un incontro dello scorso novembre, il Presidente Mediaset Fedele Confalonieri si è fatto promotore di una singolare “alleanza” con La7 e la stessa Rai per creare una All News in inglese atta ad “informare gli investitori ma anche i consumatori stranieri su ciò che l’Italia fa …Per far conoscere la nostra politica, i nostri prodotti e molto altro al mondo”.
La proposta di Confalonieri rischia però di oscurare il reale apporto che un simile progetto può portare al sistema. Se la vulgata è che il mondo abbia “fame d’Italia”, nella vastissima offerta di reti in lingua inglese un nuovo canale incentrato sulla promozione delle nostre eccellenze verrebbe inizialmente ad attrarre un pubblico assai limitato, e rischierebbe di imballare la neonata rete in un provincialismo che le impedirebbe di farsi conoscere. Guardando alla situazione europea nel suo complesso, e tenendo conto dei potenziali target di riferimento, si possono avanzare riflessioni di altro genere.
La prima è più importante è, senz’altro, chiarire la linea editoriale che un simile progetto dovrebbe darsi. Il mercato delle All News in Europa risulta discretamente affollato, soprattutto per quanto riguarda quelle anglofone, e l’unica possibilità che un nuovo servizio dispone per essere competitivo ed individuare una nicchia nella quale può eccellere. Analizzando le principali Allnews europee si possono cogliere facilmente marcate identità editoriale, definiti target di riferimento e le conseguenti proporzioni tra le notizie in base al contesto di provenienza. Prendendo il caso di France 24 (Fr24), si riscontra una lettura “da una prospettiva francese” in particolare degli avvenimenti dell’Africa e dell’Europa; per privilegiare questa vocazione geopolitica Fr24 ha dovuto rinunciare, non senza accese discussioni, ad una caratterizzazione “culturale”. Per le élite africane anglofone Fr24 vuol essere in concorrenza con BBC, Al Jazeera e la CCTV cinese.
Altre All News in inglese privilegiano invece una caratterizzazione tematica più che non geopolitica. Ad esempio la israeliana iTV24 e la SudCoreana Airang dedicano grandi spazio alle notizie tecnologiche (globali, non solo made in Israel o SouthCorea), senza ovviamente trascurare l’una il medio l’altra l’estremo oriente.
Volendo abbozzare qualche prospettiva per una allnews italiana, tre sono le ipotesi attorno alle quali ci appare possibile intessere un progetto coerente, tenendo tuttavia di conto anche i rischi più probabili:
Prima ipotesi: All News generalista con focus su Cultura. Una rete che dedichi almeno ⅓ della sua programmazione a tematiche artistiche e culturali, dal mondo e non solo dall’Italia. Il progetto beneficerebbe della rilevanza riconosciuta all’Italia in questi ambiti come della scarsa concorrenza su queste tematiche tra le principali All News europee. I rischi a cui si va incontro sarebbero di puntare ad un target alquanto ristretto e la possibilità di ricadere in alcuni provincialismi (che vedrebbero le notizie “made in Italy” sovrastare quelle internazionali).
Seconda ipotesi: All News generalista con focus sui grandi eventi di cronaca, trasformazioni sociali, scienza e dialogo interreligioso. Una rete che dedichi oltre la metà della sua programmazione a fatti internazionali di cronaca, società e scienza che interrogano le coscienze, proposti nell’ottica del dialogo tra le diverse fedi e concezioni etiche. Il progetto, basato sulla grande cronaca, beneficerebbe di un target potenzialmente molto vasto, trovando anche qui una scarsa concorrenza da parte delle altre allnews europee. La grande cronaca mondiale offre conflitti etnici, religiosi, varietà degli orientamenti sessuali, dilemmi bioetici, inedite e inaudite povertà e ricchezze. Materiali di grande presa popolare anche se vengono trattati senza morbosità, ma con rispetto e attitudine alla comprensione e al dialogo. L’evidente punto di forza e insieme di debolezza è la sede romana di un progetto editoriale che parla al mondo. La vicinanza con la popolare parola di papa Francesco può essere uno straordinario punto di forza, se non diventa unilaterale, oscurando altri punti di vista religiosi e filosofici.
Terza ipotesi: All News generalista con focus sulle eccellenze dell’Italia o da “una prospettiva italiana”. Una rete che dedichi almeno un terzo della sua programmazione a tematiche legate allo sport, alle nostre produzioni industriali ed all’arte. I progetto beneficerebbe, innanzitutto, delle molte expertise già presenti nella Rai e non comporterebbe i costi (sia di nuove assunzioni che di strutture esterne) necessari per avviare gli altri due progetti. I rischi di questa idea, come già espresso, sono sia nel target, che sarebbe minimo, che in un elevato rischio di provincialismo.
Un altro aspetto da considerare è se partire da subito con canale che trasmetta in altre lingue, oltre all’inglese, o se convenga arrivarci per gradi. La scelta più coerente nel primo caso sarebbe tra lo spagnolo e/o l’arabo. Lo spagnolo troverebbe un potenziale pubblico nelle diffuse comunità di oriundi di seconda generazione nei paesi sudamericani, in un panorama non sovraffollato con appena 20 canali All News in tutto il Sudamerica. La scelta dell’arabo è invece più orientata agli interessi geopolitici dell’Italia nel Maghreb.
Per quanto riguarda i costi per avviare un simile servizio, essi non sono, come si potrebbe supporre, dei multipli degli attuali 50 milioni di RaiNews. Rifacendosi all’esempio francese che prevede una forte integrazione (ma non sovrapposizione) tra le edizioni in francese, inglese e arabo, al netto dei costi intercompany è necessario un ampliamento redazionale di poche decine di unità e un investimento per garantire la diffusioni su quante più piattaforme satellitari, cavo e OTT possibile. Va sottolineato che i costi di diffusione sono limitati a pochi millesimi di euro annui per spettatore potenzialmente servito (vedi ad esempio il listino Astra o Arabsat per il satellite o quello Akamai per la distribuzione OTT) e che in futuro possono trasformarsi in ricavi netti se il canale diventerà tanto appetibile da negoziare un retrasmission fee, che è un modello di business già praticato dalle news private.
Altro aspetto da tenere in considerazione sono le modalità di finanziamento di una rete di questo genere, che alla sua partenza necessiterebbe (soprattutto per i primi due progetti) di discrete risorse, volte a raccogliere le migliori professionalità anche straniere in rapporto alla linea editoriale scelta. L’avviamento di una All News in inglese richiederebbe di una ventina di milioni dall’extra-gettito canone, costi che verrebbero dopo il primo lustro a venire fortemente ridotti con la trasformazione dei costi di diffusione in ricavi da retrasmission fee. Appare invece logico che le eventuali edizioni in arabo o spagnolo stimabili ciascuna sotto i dieci milioni di costi annui ulteriori, possono partire solo sulla base di una specifica convenzione con il Ministero degli esteri.
Proiezione decennale del Business Plan per una All News bilingue
La prossima Convenzione decennale è la preziosa occasione per impostare una missione di servizio pubblico destinata ad assumere crescente rilevanza nei prossimi anni per una serie di eventi concomitanti: l’aumento della popolazione mondiale che capisce l’inglese, la ricerca di fonti di informazioni non necessariamente domestiche, la disponibilità di materiale filmato di qualità, il ruolo del cosiddetto soft power nelle relazioni internazionali, la caduta dei costi tecnici di diffusione e distribuzione mondiale, sia su schermo fisso che sulle applicazioni da mobile. Nessuno pensa che scompariranno i telegiornali in lingua nazionale inseriti in un canale generalista; ma certamente cederanno progressivamente spazio da un lato al canale AllNews in lingua nazionale, dall’altro a quei canali internazionali che avranno la qualità editoriale necessaria per intercettare l’interesse di grandi nicchie di pubblico mondiale. Per ciascuna nicchia l’obiettivo non è solo essere presenti, ma essere tra i migliori. Tutti i principali paesi del mondo stanno partecipando a questa corsa che ridisegna i rapporti di forza tra le nazioni. L’Italia non ancora, ma non è troppo tardi.
Piero De Chiara
Luca Baldazzi