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Presidente Gentiloni, non trascuri i temi relativi ai media e alla libertà di informazione

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Conosco e stimo Paolo Gentiloni dai tempi delle comuni battaglie contro “editti bulgari” e liste di proscrizione. Quando i Biagi e i Santoro vennero espulsi dalla Rai l’allora deputato Gentiloni, poi diventato anche presidente della commissione parlamentare di vigilanza, non esitò a schierarsi, a prendere posizione, a partecipare alle iniziative di piazza, promosse dalla Fnsi, dall’Usigrai, da Articolo 21, da decine e decine di associazioni che avevano ed hanno a cuore il valore della libera circolazione delle idee e delle opinioni.
Quando Federico Orlando decise di fondare Articolo 21, Gentiloni è stato tra i primi ad aderire. Da allora quel legame non si è mai spezzato; anche da ministro degli Esteri ha sempre trovato il modo di tenere vivo il dialogo ed il confronto sui temi della libertà di espressione.

Non posso e non voglio neppure dimenticare che il Gentiloni ministro delle comunicazioni scrisse e presentò una proposta di riforma della Rai e della normativa antitrust che fu affossata dall’azione congiunta del partito del conflitto di interessi che godeva, allora come oggi, di molti basisti anche all’interno del centro sinistra. Sarà poi lo stesso Gentiloni, e con lui Vincenzo Vita e Roberto Zaccaria, ad opporsi con grande determinazione alla legge Gasparri, alla nuova fonte di nomina del governo della Rai, per altro riutilizzata dal governo Renzi (uno dei peggiori errori commessi dal precedente esecutivo).

Questa lunga premessa per chiarire che stimo ed apprezzo Gentiloni e non penso affatto che sia l’avatar di Renzi o un semplice burattino nelle sue mani. Proprio per questo ed anche per rispetto alla sua storia, mi permetto, quale semplice iscritto alla associazione Articolo 21, di rivolgermi al Presidente incaricato,chiedendogli di non trascurare i temi relativi al l’assetto dei media e alla libertà di informazione.

Nei cassetti di Palazzo Chigi troverà i regolamenti di attuazione relativi alla riforma della editoria e dell’Ordine. Quei regolamenti sono urgenti e vitali, riguardano centinaia di imprese e migliaia di lavoratori del settore. Senza quei regolamenti sarà impossibile affrontare gli stati di crisi, punire i corrotti, determinare le risorse necessarie per il fondo unico dell’editoria, promuovere le nuove testate digitali, affrontare i punti ancora irrisolti relativi all’equo compenso e al lavoro precario. Per non parlare delle conseguenze determinate dal processo di concentrazione “Stampubblica” per usare un’espressione gergale e dal mancato adeguamento delle normative anti trust alle mutate esigenze dei mercati e delle modalità di lettura.

Come dimenticare che, entro il 31 gennaio 2017, dovrà essere definito il rinnovo della concessione che regola il rapporto tra lo Stato e la Rai? Sarà un semplice atto burocratico o finalmente si ripartirà una discussione tesa a dare al servizio pubblico un reale statuto di autonomia editoriale, finanziaria, industriale? Saranno levate dai tavoli le ipotesi di chi vorrebbe la definitiva trasformazione della Rai in un’agenzia governativa e il trasferimento di risorse pubblicitarie dal servizio pubblico al suo concorrente, magari in abbinata con la nuova legge elettorale? Questo potrebbe essere il momento propizio, anche in vista delle ravvicinate elezioni, per dare alla Rai una nuova norma sulla fonte di nomina, magari tratta dal progetto che proprio Gentiloni aveva elaborato e presentato nelle  sua veste di ministro della comunicazione.
Lasciare la Rai nella situazione attuale, significa condannarla ad una decadenza veloce e inarrestabile, proprio nel momento nel quale il paese avrebbe bisogno di un nuovo progetto di coesione sociale e di alfabetizzazione ai nuovi linguaggi offerti dalla innovazione tecnica e tecnologica.

Nei cassetti delle commissioni, infine, giace sepolto e volutamente dimenticato, il provvedimento sulla diffamazione con relativa abrogazione del carcere per i giornalisti e la possibilità di affrontare e risolvere l’uso e l’abuso delle cosiddette “querele temerarie” utilizzate come strumento di intimidazione verso quegli editori e quei cronisti che provano ad “Illuminare” le zone dominate da mafie, malaffare e corruzione. L’Italia, come per altro ha accertato la commissione antimafia, è il paese con il più alto numero di cronisti minacciati, costretti a vivere “sotto scorta”. Queste sono anche le ragioni che determinano la mediocre posizione che l’Italia continua ad occupare in tutte le graduatorie sulla libertà di informazione.

So perfettamente che il governo Gentiloni avrà il compito di definire la legge elettorale e di preparare il terreno ad elezioni anticipate, ma i temi che ho voluto segnalare rientrano proprio nella prospettiva di rinsaldare il pluralismo e di liberare il diritto di cronaca dai suoi molestatori che sono anche i molestatori del diritto dei cittadini ad essere informati, diritto tutelato dall’articolo 21 della Costituzione. I ruoli sono e saranno diversi, talvolta necessariamente conflittuali, perché l’ordinamento democratico non ha bisogno di pensieri unici, omologhi e omologanti, ma di diversità e differenze senza le quali la dialettica si impoverisce e il dibattito pubblico scade e nella propaganda, nel plebiscitarismo, nel linguaggio dell’odio e del razzismo.
Dal momento che ho iniziato confermando la mia stima per Gentiloni, vorrei anche rassicurarlo sul fatto che, proprio per questo, cercherò di non deluderlo e di non rinunciare mai all’esercizio del diritto alla critica e al dissenso, perché da chi si stima si deve pretendere di più e di meglio!


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