Dopo luccicanti promesse di cambiamento e il profumo di una giunta che potesse cancellare il fetore di mafia Capitale, arriva il caso Marra, uomo di Alemanno, depotenziato da Marino, risuscitato dalla sindaca grillina.
La fiducia per la Raggi è al rosso fisso. Se continua a tirare a campare, se ne andrà con i Re Magi. Ma se crolla Roma, crolla la reputazione del M5S e alle prossime elezioni nazionali il Movimento non potrà più giocare la sua carta vincente del cambiamento. La Raggi va commissariata o mollata: è questa la decisione che circola tra i suoi compagni di partito. Ma il vero problema è che manca un’intera classe dirigente, il limite endemico del Movimento. Che Grillo potrebbe occultare, arrivando all’amputazione politica della Giunta romana, con il ritiro del simbolo.
E adesso?
Mai come oggi l’intero assetto politico nazionale è stato così rimesso in discussione. I due maggiori partiti – PD e M5S – devono affrontare una profonda revisione, per riconquistare il minimo vitale di credibilità, dopo una dissipazione senza precedenti. In questo vuoto, lo spazio per una forza di sinistra si allarga a dismisura, ma offrire onestà non basta più. Ci vuole credibilità. Ovvero, stipendi ridotti per parlamentari, apertura al vivaio di competenze espresse dal volontariato, una società civile che si sobbarchi la fatica del controllo sociale dei propri rappresentanti.
Insomma, ognuno deve fare la propria parte. Perché il rinnovamento o è una reazione collettiva o è destinato ad essere inghiottito dalla melma del passato.
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