Sabato 10 dicembre l’Egitto ha un occasione d’oro per dare un minimo segnale di rispetto dei diritti umani e delle libertà fondamentali: in occasione della Giornata internazionale dei diritti umani, assolvere Mahmoud Abu Zeid, meglio conosciuto come Shawkan, e rimetterlo in libertà. Shawkah, 29 anni, è stato arrestato il 14 agosto 2013 mentre stava scattando fotografie per conto dell’agenzia londinese Demotix in uno dei giorni più bui della storia recente dell’Egitto.
Quel giorno, le forze di sicurezza dispersero con estrema violenza il sit-in della Fratellanza musulmana in piazza Rabaa al-Adaweya, uccidendo oltre 600 persone.
Shawkan, in carcere ormai da ben oltre 1000 giorni, rischia una condanna all’ergastolo per questo lungo elenco di pretestuose accuse: “adesione a un’organizzazione criminale”, “omicidio”, “tentato omicidio”, “partecipazione a un raduno a scopo di intimidazione, per creare terrore e mettere a rischio vite umane”, “ostacolo ai servizi pubblici”, “tentativo di rovesciare il governo attraverso l’uso della forza e della violenza, l’esibizione della forza e la minaccia della violenza”, “resistenza a pubblico ufficiale”, “ostacolo all’applicazione della legge” e “disturbo alla quiete pubblica”. Il suo unico “reato” è aver fotografato il primo sanguinoso atto di repressione dopo il colpo di stato di Abdel Fattah al-Sisi.
Superati ormai da tempo i 1000 giorni di carcere, di rinvio in rinvio Shawkan continua ad attendere il processo insieme ad altri 738 imputati. Le sue condizioni fisiche non sono buone e nelle fotografie scattate nel corso delle ultime udienze è apparso emaciato e affaticato. In carcere ha contratto l’epatite C e ma per almeno 20 volte la richiesta di scarcerazione per motivi di salute è stata respinta.