BASTA VIOLENZA SULLE DONNE - 25 NOVEMBRE TUTTI I GIORNI

Morire per Aleppo

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Sangue, strage, terrore..e Natale. Parole tremende da accoppiare alla festa per eccellenza, alla pausa d’inverno che l’uomo si concede da sempre, al giorno in cui i cristiani celebrano la nascita dell’uomo divino. A Berlino ieri la festa dell’amore si è mutata in sabba dell’odio. In pieno centro, un camion irrompe su donne, padri, bambini che compravano miniature dei re magi da mettere nel presepe o addobbi per addobbare l’albero. Almeno 12 i morti, decine di feriti. Sul tir, che veniva dall’Italia, un autista polacco senza vita e il terrorista, che sarebbe stato arrestato. Forse un profugo. Certo un salafita o wahabita, uno che ha risposto all’appello del Daesh: “Raddoppiate i vostri sforzi, colpite i crociati: americani, europei, traditori turchi, comunisti russi, tiranni arabi”. È chiaro come ognuno di noi sia un obiettivo, che tutti possiamo finire nel mirino della anti mondializzazione medievale e islamista. Nelle nostre città possiamo provare a difenderci con l’intelligence, con lo scambio di informazioni fra le polizie, monitorando sul web gli aspiranti assassini e neutralizzandoli prima che colpiscano. Talvolta ha funzionato, ma non esiste un riparo assoluto. In Siria e in Iraq avremmo dovuto schiacciare la testa del serpente. Perché questa follia stragista è anzitutto politica, cerca di conquistare le terre dell’islam, di appropriarsi dei luoghi simbolo di quella religione per ricattare un miliardo di musulmani nel mondo. Invece i tagliagole di Al Baghdadi si sono ripresi Palmira, mentre russi e siriani si prendevano Aleppo. Gli Stati Uniti non hanno voluto mettere in riga i sauditi, finanziatori e ideologi del terrorismo. Temendo di fare il gioco di russi e iraniani, si sono messi fuori gioco.

Un uomo in giacca e cravatta, la pistola in una mano, l’altra mano in alto con il dito ammonitore. Troverete la sua foto su ogni giornale. Ha 22 anni, è un poliziotto e ha appena ucciso, sparandogli 8 colpi da dietro, Andrei Karlov, ambasciatore russo in Turchia. “Ricordatevi di Aleppo”, ha gridato prima di essere ammazzato. Attentato che vuol denunciare il “tradimento” di Erdogan. L’uomo che in estate aveva scatenato le moschee di Istanbul contro i militari laici, contro gli intellettuali curdi, i giornalisti e gli avvocati e gli amici ricchi del predicatore Gülen. Ma anche l’uomo che per farsi sultano si è poi seduto al tavolo con russi e iraniani. Lui, a capo del secondo esercito della Nato, ha preso a dialogare con Putin e Assad per concorrere alla spartizione delle terre liberate dal Daesh. Lo ha fatto per non regalare uno stato ai combattenti curdi e contare di più in medio oriente.

Paga ora un prezzo Erdogan, come lo paga Putin, e lo pagano gli sciiti, presi di mira ovunque da stragi kamikaze armate dai sunniti. Pagano un prezzo salato e si vendicano, quando possono, senza pietà. E noi europei, noi occidentali? Dobbiamo vergognarci per Aleppo come chiede Henri Levy? Sì, dovremmo. Anzi, meglio, avremmo dovuto vergognarci quando Stati Uniti e Occidente non vollero sostenere la primavera siriana e abbattere il macellaio Assad. Avremmo dovuto vergognarci quando terroristi islamici in servizio permanente effettivo presero il sopravvento tra i ribelli anti Assad, per preparare un dopo Daesh della stessa risma del Daesh. Scrive l’ambasciatore Toscano: “Con la battaglia di Aleppo risulta confermato quello che avrebbe dovuto da tempo essere evidente: che grazie soprattutto all’appoggio di Mosca il regime di Assad non potrà essere rovesciato da uno schieramento politico-militare frammentato ma politicamente anche troppo omogeneo in quanto egemonizzato dalle correnti più radicali del salafismo”. Troppi bambini di Aleppo – vero – sono stati affamati, umiliati e uccisi dall’assedio dell’esercito di Assad e dalle bombe di Putin. Molti altri in queste ore vengono portati via dalle rovine di Aleppo dove i ribelli jihadisti li usavano come scudo. Fra questi, la piccola Bana, la bambina che twittava.

Senza pudore. Il ministro Poletti, una pietra rara che Renzi ha regalato a Gentiloni, ha detto dei giovani italiani che vanno a studiare e lavorare in Europa: «È un bene che certa gente se ne sia andata, sicuramente questo Paese non soffrirà a non averli più tra i piedi». “Siamo in tanti a pensare – gli risponde Massimo Gramellini – che sia un bene che se ne siano andati. Un bene per loro. Mentre è un male che il ministro del Lavoro di un Paese con il record di disoccupati e precari rimanga ancora al suo posto a sparare pistolettate”. Matteo e Matteo finalmente uniti. Proprio così, la proposta lanciata da Renzi – al voto presto, prima del congresso Pd, con il Mattarellum – ha trovato un primo entusiasta sostenitore. Salvini ha detto: ci sto! Ora a Pontassieve si spera nel sì (che sarebbe decisivo) di Beppe. Grillo, in difficoltà per le vicende romane, potrebbe passare il Rubicone e accordarsi con il suo migliore nemico. Subito Mattarellum, poi un duello elettorale a chi spara più forte. 20 miliardi per salvare le banche. Più deficit, più debito, più cambiali da pagare all’Europa. Il governo Gentiloni sta preparando un decreto per farcelo votare in settimana.

Da corradinomineo


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