Torna in questo periodo al centro del dibattito l’argomento mai del tutto esaurito del ruolo svolto dalle donne nella scienza. Su la Repubblica del 16 ottobre scorso è uscito un breve testo di Piergiorgio Odifreddi che ha suscitato immediate polemiche. Egli rilevava che quest’anno nessuna donna ha vinto il Nobel e che anche in passato sono state pochissime e via via sempre meno, per concludere: “una progressione discendente, che sembra indicare come l’attitudine femminile sia direttamente proporzionale alla concretezza e indirettamente proporzionale all’astrazione”.
Pochi giorni dopo, diverse donne si sono espresse sui social e sul sito Maddmaths!, Matematica Divulgazione Didattica, espressione autorevole di associazioni come l’Unione Matematica Italiana, è uscito un articolo che commentava:
Quali queste attività concrete e più adatte alle donne siano non è dato sapere. Noi non siamo per nulla d’accordo con la deduzione di Odifreddi. In verità, il suo articolo mette in evidenza un problema generale. I dati numerici sono quello che sono, e, ad esempio, Odifreddi ne ha elencati alcuni. Però i dati vanno letti e interpretati. Quelli che lui ha fornito sono ben noti e confermano quello che la nostra pluriennale esperienza sul campo di docenti e ricercatori e i risultati di numerosissime analisi sull’argomento attestano: la scarsa presenza femminile nella ricerca scientifica non è dovuta alla mancanza di doti innate ma è fortemente condizionata da convenzioni sociali dure a morire.
Sono seguite una replica molto piccata dello stesso Odifreddi e ancora la contro-risposta rassegnata e preoccupata del Gruppo di Lavoro Pari Opportunità dell’Unione Matematica Italiana:
Lasciamo ai lettori il compito di farsi un’idea della validità delle nostre affermazioni rispetto alle sue, che peraltro, a nostro avviso, non negano affatto i pregiudizi contenuti nella frase finale del suo articoletto […] il problema non sono le opinioni del prof. Odifreddi e le sue argomentazioni (di entrambe francamente ci curiamo ben poco), ma le idee sbagliate che i lettori di un grande giornale potrebbero farsi leggendo certe cose.
Che l’argomento sia tra quelli sempre attuali e su cui è necessario riflettere e agire lo dimostra anche l’iniziativa nata dalla consapevolezza che ancora oggi per le donne è più difficile intraprendere una carriera accademica in campo scientifico, del dipartimento di Matematica dell’università Sapienza di Roma, che fino al 16 dicembre 2016 ospiterà la mostra: Women of Mathematics throughout Europe, una galleria di ritratti fotografici con interviste a tredici donne matematiche.
#WomenOfMathematics: una mostra sulle #donne della #matematica in Europa (da mer 7, fino a mer 21 dic.)https://t.co/RMOPWjSnEA #Mat_Sapienza pic.twitter.com/T5kGpdFBy9
— Sapienza Università (@SapienzaRoma) December 6, 2016
Allora proviamo per un momento ad andare indietro nel tempo per ricordarne qualcuna: ci spostiamo a Bologna, all’inizio del Settecento, per incontrare Laura Bassi (1711-1778) la seconda donna laureata d’Italia, dopo la veneziana Elena Lucrezia Cornaro 1646-1684 (filosofa), la prima a intraprendere una carriera accademica e scientifica e la prima al mondo a ottenere una cattedra universitaria, ciò che non le impedì di avere anche otto figli. Fu solo grazie a permessi specialissimi dovuti alle sue doti straordinarie che poté laurearsi, avendo studiato privatamente e, a 22 anni, ottenne una cattedra onoraria in filosofia e filosofia naturale. In seguito, grazie alla sua costanza, ebbe invece assegnata una vera cattedra di insegnamento di fisica sperimentale che continuò per molti anni.
Negli stessi anni a Milano Maria Gaetana Agnesi (1718-1799) recitava a nove anni un’orazione latina sul diritto delle donne allo studio e poi fu la prima donna autrice di un libro di matematica e la prima a ottenere una cattedra universitaria di matematica. Il suo testo di analisi, le Instituzioni Analitiche ad uso della Gioventù italiana fu pubblicato in italiano nel 1748. Poi sostituì il padre nell’insegnamento della matematica all’Università di Bologna ma, alla morte di lui, rifiutò di ricoprire ufficialmente quella cattedra e si dedicò invece ad opere di beneficenza (fondando il Pio Albergo Trivulzio) per il resto della sua lunga vita, rifiutando moltissime offerte di consulenza. Fu famosa in tutta Europa.
Non possiamo che farci delle domande: che è successo a Bologna in quegli anni? È stata una particolare congiuntura astrale che agiva sulla città o una sostanza di cui non conosciamo la natura che somministrata a queste donne ha compiuto il miracolo? Le avete mai sentite nominare? E avete mai sentito parlare delle sei giovani donne che durante la guerra furono assunte dalla Pennsylvania University, a Filadelfia per lavorare all’ENIAC, su un progetto segretissimo, un antenato del computer che doveva calcolare le traiettorie balistiche dei missili? Furono le prime sei programmatrici di computer, ma rimasero segrete anche loro e quando la macchina fu presentata al mondo nel 1946, non vennero invitate alla cena di gala. Solo adesso sono state rimesse nella memoria storica e riconosciute per il ruolo importante che hanno svolto con gli onori che loro spettano…un po’ tardi purtroppo: sono tutte morte.
Con questi esempi storici, che ovviamente non si esauriscono qui, dovremmo riflettere sulle condizioni materiali e culturali che hanno determinato per secoli, e ancora determinano, le possibilità di scelta che si aprono, o non si aprono, davanti ai diversi individui, nel momento in cui entrano nel mondo. È evidente che Laura Bassi e Maria Gaetana Agnesi hanno potuto approfittare di una piccola finestra di straordinaria opportunità che si era aperta in quella parte d’Italia in quel momento storico e che si è rapidamente richiusa. Non è difficile immaginare che moltissime bambine, in Italia e nel mondo, prima e dopo di loro e ai nostri giorni, potrebbero sviluppare analoghe capacità se solo se ne offrisse loro l’occasione. Cosa che nella maggioranza dei casi non accade.