Crisi di panico, titola il manifesto. Mentre il governo otteneva la fiducia dal Senato, l’appena confermato Ministro del lavoro spiegava che si voterà a marzo perché bisogna far slittare i referendum della Cgil. Non conosco Poletti, visto in televisione non mi sembra un’aquila, ma purtroppo la Stampa attribuisce un pensiero analogo anche all’esule di Pontassieve: “Il piano di Renzi: alle urne in primavera per evitare il referendum sul jobs act”. Meglio elezioni avvelenate, dunque con l’inevitabile nuovo scontro fra opposti populismi, che far pronunciare gli elettori sul jobs act. Pazzia! Intanto davanti a Montecitorio alcuni sedicenti “cittadini” mettevano in scena “l’arresto” dell’ex deputato, Osvaldo Napoli.
L’intollerabile esibizione dei “forconi del popolo”, scrive il Corriere. Ma chi sono questi “forconi” guidati da un ex “agricoltore” che non pagava le rate del mutuo e guidava una Jaguar, pare, non sua? Credo, piccoli avventurieri che si agitano sull’onda di due populismi. Nel 1977 mi capitò di intendere a Bologna uno slogan senza senso: “Via, via la falsa polizia”. Gli “autonomi” rivolti al PCI gridavano “via via la nuova polizia”, i giovani PCI rispondevano “via via la falsa autonomia”. La sintesi, un nonsense. Così le truppe di Danilo Calvani fanno il verso ai 5 Stelle, che auspicano la rivolta del basso contro l’alto, e ai “rottamatori”, che indicano al pubblico ludibrio vecchi (o ex) parlamentari, la “casta”.
Serracchiani, Raggi, Fedeli. Debora Serracchiani iniziò il cursus honorum come rottamatrice di D’Alema, fu poi vice segretaria di Renzi ed è Presidente della Regione Friuli Venezia Giulia. È scoppiata in lacrime per gli insulti sui social di “cittadini” che la accusano di stare poco in Regione e.. di essere donna. Virginia Raggi aveva promesso di liberare i romani dai rifiuti, dal debito enorme, dalle buche e dalle inefficienza dei trasporti. Ha sbagliato la scelta di troppi collaboratori – alla fine anche l’assessore Muraro s’è dimessa – è ora subisce gli insulti del Pd (e dalla moglie, consigliera, di Franceschini), nonché gli strali invidiosi e rancorosi “cittadini” del suo stesso movimento. Per ora ci ha risparmiato lacrime pubbliche, ma non un post in cui si trasforma una lettera di sostegno del Papa a chi amministra la cosa pubblica in un incoraggiamento specialmente rivolto a lei. Valeria Fedeli, senatrice per meriti sindacali e vice Presidente per meriti di genere, è stata chiamata da Gentiloni a sostituire la Giannini. Subito “il web” scopre che il “diploma di laurea”, di cui parla il suo curriculum autografo, è un diploma, punto! Siamo spettatori di una politica vuota che usa e abusa dell’immagine. E che utilizza l’esser donna come una specie di fard.
Quando smaltiremo questa cattiva sbornia? Anche l’odio per Maria Elena Boschi mi risulta insopportabile. Di cosa è colpevole? Di aver promesso che si sarebbe ritirata dalla politica se avesse perso il referendum e di aver poi brigato per restare al governo? Affari suoi: la giudicheranno gli elettori. Gentiloni non avrebbe dovuto metterla in un ruolo chiave, troppo simile a quel che ha usato per la crociata referendaria, ma poteva ben sceglierla come ministro – che so? – ricerca. È persona intelligente e di carattere. Detesto il politicamente corretto che soffia il vento in poppa alle donne in politica, ma se perdono le fa a pezzi.
Le grinfie di Vivendi su Mediaset. “Governo in campo”, dice il Corriere; “Scontro Italia Francia”, secondo Repubblica. Tutto quel che resta di italiano, banche, aziende, patrimonio culturale e naturale, è “scalabile”. La crisi che impazza dal 2007-2008, e di cui la “ripresina” in corso è la continuazione sotto altro nome, ristruttura geografia e potere imprenditoriale e finanziario. a) Abbiamo ignorato quella crisi fino al 2011, governo Berlusconi; b) poi, cercato di “metterci a posto” presentando il conto a pensionati e ceto medio, governo Monti 2012; c) puntato sulle larghe intese, sottovalutando le conseguenze della prevedibile condanna di Berlusconi, governo Letta-Napolitano 2013; d) infine promesso che, con la grande riforma e l’elezione del sindaco d’Italia, tutto si sarebbe rimesso a posto, governo Renzi 22/2/2014 – 7/12/2016. Avremmo dovuto varare: 1) una legge anti trust per le televisioni; 2) una che separi banche d’affari e commerciali e metta al riparo il risparmio vero; 3) qualche idea di politica industriale, per lasciar fallire (spendendo in ammortizzatori) le aziende che non hanno mercato e puntare su produzioni di qualità e futuro; 4) un piano straordinario per il lavoro dei giovani; 5) misure di sostegno per la ricerca e lo sviluppo di consumi collettivi.