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Congo, Kabila rischia di portare il paese alla guerra civile nell’indifferenza dei media

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Un’ondata di violenze inter-etniche sta stremando la popolazsione della
Repubblica democratica del Congo, già provata a causa delle tensioni politiche per loe mancate dimissioni del presidente Joseph Kabila, alla fine del suo secondo (e ultimo pr Costituzione) mandato e rimasto al potere in attesa di nuove elezioni rinviate al 2018.
Il bilancio degli ultimi scontri è di almeno 49 vittime, tutti civili uccisi nella provincia del Nord Kivu, nell’est.
Secondo quanto riporta il sito web dell’emittente “Rfi”, 13 persone di etnia hutu sono morte in un attacco condotto da milizie di etnia nande nella città di Nyanzale, mentre altre 15 sono rimaste uccise in un altro attacco avvenuto nel vicino villaggio di Bwalanda. Un terzo attacco è avvenuto nel giorno di Natale da sospetti ribelli ugandesi dell’Alleanza delle forze democratiche (Adf) nella località di Eringeti, provocando la morte di almeno 20
civili.
Se l’ampliarsi di queste violenze desta grande preoccupazione, anche per l’aggravamento della crisi umanitaria legata al flusso di sfollati bisognosi di assistenza, i timori per la decisione di Kabila di sfidare la Costituzione si sono concretizzati con contestazioni e scontri tra manifestanti e polizia che hanno causato almeno dieci vittime, nonostante le misure di sicurezza adottate per scongiurare contestazioni in piazza contro Kabila, il quale non solo non si è dimesso ma ha annunciato un nuovo governo con un primo ministro da lui indicato, Samy Badibanga, prima che le parti convocate a un tavolo negoziale mediato dalla conferenza episcopale congolese si pronunciassero su un’eventuale soluzione politica alla crisi.
Rimane dunque in piedi l’accordo che il presidente aveva raggiunto ad ottobre con una parte delle opposizioni che gli permette di mantenere il potere oltre il limite del secondo mandato costituzionale fino alle prossime elezioni, rinviate al 2018.
Dura la posizione delle opposizioni, riunite nella piattaforma Rassemblement, che ha lanciato un appello al popolo congolese e alla comunità internazionale a non riconoscere né il nuovo esecutivo né il capo dello Stato che non intende lasciare il passo a un successore.
In un messaggio video di oltre quattro minuti l’anziano leader della minoranza Etienne Tsishekedi ha invitato il paese a tenersi “pronto a rispondere in massa alle azioni pacifiche che il Rassemblement vorrà organizzare per difendere la Costituzione”.
Sulla situazione in Congo ha espresso profonda preoccupazione il rappresentante speciale delle Nazioni Unite nella Repubblica democratica del Congo e capo della missione Monusco, Maman Sidikou, in particolare per l’ondata di arresti degli ultimi tre giorni in tutto il Paese “di persone che non fanno altro che esprimere le loro opinioni politiche” come ha evidenziato in una nota lo stesso Sidikou.
Osservatori internazionali e analisti di organizzazioni non governative temono che la recrudescenza della repressione del dissenso e del mancato rispetto dei diritti umani possa sfociare in un conflitto civile.
Il paese vive da giorni forti tensioni per le mancate dimissioni di Kabila.
A Kinshasa, la capitale dell’Rdc, è stato impedito a oppositori e studenti di organizzare manifestazioni di massa.
Solo la militarizzazione della cità e la presenza delle forze dell’ordine in assetto antisommossa ha finora impedito che si allargassero i focolai di protesta.
La spirale di violazioni e azioni antidemocratiche mette a rischio estremo la grande nazione africana, entrata in una fase estremamente pericolosa per la sua stabilità.
Joseph Kabila è in carica dal 2001. Per i suoi oppositori sarebbe pronto a cambiare la Costituzione che gli vieta di riproporsi alla presidenza per la terza volta.
La tensione è sempre più alta e con essa la possibilità che la situazione sfugga di mano al governo.


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