Bene tutte le piazze europee. Banche tutte positive. Ora, forse, si può salvare Monte dei Paschi. Lo spread torna a quota 160. La gaffe di Fitch, fra i falchi delle agenzie di rating
Di Alessandro Cardulli
Escono allo scoperto i poteri forti, loro i veri gufi, che hanno fatto il tifo per il Sì al referendum e sono rimasti scornati. Non contenti ora affermano che la vittoria del No mette a rischio la ricapitalizzazione di Monte Paschi e Unicredit. L’agenzia di rating Fitch, oggi il capofila dei gufi, non contenta della lezione che le hanno dato i cittadini italiani, fa la voce grossa: “Il risultato del referendum potrebbe anche danneggiare i piani di ricapitalizzazione di alcune banche italiane, in particolare Banca Monte dei Paschi di Siena e UniCredit e avere implicazioni negative più ampie per il settore bancario, la cui capacità di attrazione nei confronti degli investitori si è già ridotta nel 2016. La capacità del settore di accedere ai mercati istituzionali per finanziarsi e ai capitali, che quest’anno è diventata più difficile e costosa, potrebbe deteriorarsi ulteriormente”. L’agenzia non poteva fare figura peggiore, la sua credibilità, dopo la vittoria del Sì, ha avuto un nuovo duro colpo. Proprio mentre le agenzie di stampa battevano la nota di Fitch, Piazza Affari si avviava verso una giornata come non se vedevano da lungo tempo. Chiudeva con un +4,15, in netto rialzo a livelli che non vedeva dalla Brexit. L’indice Ftse Mib nel finale guadagna il 4,15% a 17.757 punti. Risultati positivi per i titoli bancari: Unicredit (+12,81%), Mediobanca (+9,94%), Ubi (+9,7%), Bpm (+9,03%), Banco Popolare (+9,02%), Intesa Sanpaolo (+8,16%) e Bper (+7,1%) e Mps (+1,18%). Lo spread che prima del referendum si era collocato sopra i 190 punti di differenza fra i nostri bot e i bund tedeschi ora è tornato in zona più sicura, 160 punti. Sempre le agenzie di rating, Fitch in testa, avevano previsto riflessi negativi su tutte le piazze europee. Tutti smentiti. Dopo una fase di assestamento, lunedì, quando arrivavano i primi commenti delle forze politiche, tutte le principali borse del vecchio continente, area Euro, hanno chiuso in rialzo. Il FTSE 100 a Londra ha guadagnato lo 0,2%, il CAC40 a Parigi l’1%, il DAX a Francoforte l’1,6%, l’IBEX 35 a Madrid lo 0,7% e lo SMI a Zurigo lo 0,8%. L’EuroStoxx 50, l’indice delle 50 principali blue chips della zona euro, è salito dell’1,3%. In mattinata, la Borsa di Tokyo aveva terminato gli scambi in rialzo. Il Nikkei, l’indice dei 225 titoli guida, ha guadagnato lo 0,47% salendo a 18.360,54 punti. Chiusure sotto la parità per le Borse cinesi: a Shanghai l’indice Composite scende a 3.199,65 punti a -0,16%, a Shenzhen l’indice Component chiude a 10.779,77 punti a -0,04%. Prezzo del petrolio in netto calo a New York, scambiato a 50,66 dollari al barile (-2,18).
La notizia delle dimissioni del premier non provoca cadute dei mercati finanziari
La realtà è ben diversa da quella pronosticata dai gufi alleati dei renziadi. La vittoria del No era era stata prevista da pressoché tutti i sondaggisti, anche quelli di alcuni paesi europei. Da qui, grandi giornali europei erano partiti lancia in resta a sostegno di Renzi, pronosticando disastri se avessero prevalso i no. Anche la notizia delle dimissioni di Renzi non aveva provocato niente di sconvolgente sui mercati finanziari. “Gli investitori riscommettono – scrivono le agenzie di stampa – sul fatto che i problemi dell’Italia spingeranno la Bce ad espandere i suoi stimoli monetari”. Da Bruxelles il vicepresidente della Commissione Europea, Valdis Dombrovskis, ha affermato che “le autorità italiane sono preparate e pronte ad agire”, per affrontare la “situazione di alcune banche italiane in difficoltà, in caso di bisogno”. Parlando in conferenza stampa al termine dell’Ecofin ha detto che “molto è stato fatto per ricapitalizzarlo e assicurare una migliore liquidità, ma nello stesso tempo ci sono ancora Stati membri in cui i sistemi bancari sono caratterizzati da livelli molto elevati di crediti deteriorati, cosa che viene segnalata a quei Paesi, anche nel contesto del semestre europeo, attraverso le raccomandazioni specifiche per Paese”.
Da Bruxelles si guarda a Francoforte. Attesa dalla Bce l’estensione dell’acquisto di titoli
Da Bruxelles si guarda a Francoforte alle mosse di Mario Draghi. Dopo le “sorprese” di Brexit, di Trump, con riflessi negativi sui mercati finanziari europei, questa volta i mercati avevano già “fatto il prezzo” ad una sconfitta della linea del governo. Ora i mercati tornano a guardare agli Usa, passando per la Banca centrale europea. Mario Draghi, giovedì, annuncerà un’estensione del programma di acquisto di titoli da 80 miliardi al mese, garantendo ulteriore supporto ai mercati. A metà mese, invece, sarà la Fed, prendendo atto che l’economia Usa tira, che dovrebbe alzare il costo del denaro. A Francoforte guarda anche Monte Paschi. Anzi l’amministratore delegato Marco Morelli, è partito da Siena per incontrare Mario Draghi. Chiederà un rinvio della data di scadenza per la ricapitalizzazione, la fine di dicembre. Nel caso non lo ottenesse, da fonti Ue si fa sapere che potrebbe essere lo Stato a ricapitalizzare, mancano circa 4 miliardi. Ma gli investitori privati, dopo una mattinata non proprio confortante, si sono fatti di nuovo vivi con l’acquisto di azioni. Ciò dà speranza agli amministratori, una riunione del Consiglio è stata aggiornata anche alla luce del “viaggio” a Francoforte. Se ciò non avvenisse nei tempi fissati, se Draghi non autorizzasse di posticipare la data per la ricapitalizzazione sarebbe pronto un decreto, già predisposto da Renzi Matteo, che autorizza l’acquisto di obbligazioni che poi sarebbero trasformate in azioni.
Renzi se ne va. Un paradosso, ma non troppo. Forse più facile salvare la Banca di Siena
Non è secondario il fatto che lo Stato sia azionista del Monte. Il problema è di incorrere nei veti della Commissione Europea. Sempre voci da Bruxelles forniscono notizie che a prima vista possono apparire paradossali. Le dimissioni di Renzi faciliterebbero l’assenso della Commissione a una operazione non proprio cristallina. Molti sono i punti ancora oscuri. Lo stesso Consiglio di amministrazione ha sospeso i lavori senza dare comunicazione sull’esito della riunione. Forse non c’è stato un esito nell’attesa di Bruxelles e di Francoforte. Le “voci” fanno sapere che la crisi politica potrebbe convincere la Commissione ad approvare l’eventuale decreto, si dice sia già pronto, che prevede il salvataggio pubblico. Padoan, da ministro, si è occupato a fondo del salvataggio del Monte. Da presidente, se fosse il suo nome a uscire dal cilindro, l’operazione Monte Paschi potrebbe essere facilitata, avere il via libera della Ue. Pensate un po’, il No al referendum che salva una storica banca italiana. Renzi ne avrebbe da cogitare. Ci dicono nostri amici senesi che hanno votato Sì, che si è affermato in tutta la provincia, 57,18%: “Averlo saputo che ci volevano le dimissioni di Matteo per avere più probabilità di salvare il Monte, avremmo votato come dicevano il cuore e la ragione”.