Con la consueta sagace autoironia nell’ultimo incontro coi colleghi della sua ex redazione, in occasione di una festa per un pensionamento, Luigi Necco ha notato compiaciuto come la Rai avesse benevolmente voluto regalargli un “coccodrillo” in vita.
Siamo orgogliosi della scelta di raccontare l’esperienza professionale di uno di noi, che e’ anche un pezzo di storia del giornalismo territoriale del servizio pubblico,un modello da rispolverare, cosi’ come da rimarcare positivamente è l’operazione di recupero di memoria fatta dalla rete ammiraglia con la trasmissione Cose Nostre, ben costruita, ben girata e montata, in cui ho riconosciuto con piacere quella parte di attività professionale di Necco della quale sono stato testimone come collega di redazione, dopo esserlo stato in quanto telespettatore. Era una Rai dalla cui voce pendevamo, attendendo prima Tutto il calcio e poi Novantesimo per sapere e vedere quel che desideravamo della nostra squadra del cuore. La trasmissione radiofonica faceva un punto d’orgoglio non far capire per chi tifassero i radiocronisti, al contrario quella televisiva era con garbo il festival del campanile. Memoria di un’epoca ben interpretata,non nostalgia. Sebbene oggi ci sia una crisi d’identità del giornalismo televisivo, travolto da esigenze d’immediatezza e di sintesi da slogan modellati sulle 140 battute di twitter. Troppo spesso il risultato e’ ne’ da carne, ne’ da pesce, ma, pazienza, ci pensa lo zapping a creare un palinsesto individuale,che ai tempi di Necco (rectius di Necco alla Rai , perché a 82 anni è ancora attivo come giornalista in tv ) non era possibile. In Cose Nostre, Luigi ha detto senza alcuna voglia di revanche di essersi rassegnato a un certo momento che fosse finito il suo tempo. Bravo anche in questo, perchè sono cose che capiscono i protagonisti e non le comparse. Poteva restare ancora, non avendo ancora compiuto l’età alla quale abbiamo festeggiato il collega di cui sopra. L’azienda all’epoca decise diversamente, applicando a Lui e ad altri una norma contrattuale poi espunta dagli accordi. Vien da aggiungere dunque: peccato! Anche perché quello spaziare tra cronaca, sport e archeologia,tra le vicende del Napoli e la tragedia dell’Heysel di Bruxelles per uno speciale del Tg1 conferiva un’ autorevolezza al giornalista territoriale, che oggi rischia di essere affievolita.
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