Ci lascia a ottantasette anni Vittorio Sermonti ed è davvero una bruttissima notizia, in quanto quest’intellettuale romano era innanzitutto una persona perbene, pacata e coltissima, gran traduttore dei classici latini e innamorato di Dante al punto di farne delle pubbliche letture, trasformandolo, al pari di Benigni, in una sorta di fenomeno pop, in grado di riempire le platee e di farsi apprezzare da un pubblico assai più vasto di quanto non si immaginasse.
Sermomti: un galantuomo d’altri tempi, appassionato della parola e cultore della bellezza, dell’eleganza e della poesia, capace di trasmettere con semplicità messaggi profondi e di divenire interprete di una concezione dell’arte davvero al servizio della collettività, penetrando a fondo in ogni vicenda umana e trasmettendo un senso di meraviglia a chiunque avesse la fortuna di incontrarlo o di leggere le sue opere.
Esprimeva, insomma, una sensibilità rara, una dolcezza e un garbo oggi pressoché sconosciuti, una limpidezza di pensiero e una saggezza che ci mancheranno molto, come ci mancheranno molto i suoi toni pacati, le sue letture, le sue traduzioni dei grandi classici e il suo amare la poesia, tanto da essere egli stesso una poesia d’uomo, nel suo immaginario positivo che contrastava in maniera impressionante con il drammatico contesto nel quale siamo immersi ogni giorno.
Ha vissuto fino alla fine con la levità dei grandi, andandosene all’improvviso, in punta di piedi, dopo aver attraversato quasi un secolo e aver composto da protagonista quel milieu intellettuale che ha reso unico il panorama culturale del nostro Paese e ne ha segnato le stagioni migliori, all’insegna dell’arte, della conoscenza, del confronto e del dibattito.
E infine, con l’umiltà di sempre, ha annunciato di volersi prendere qualche giorno di riposo, aggiungendo che i commenti dei lettori e degli amici gli avrebbero tenuto compagnia.
E così, crediamo che il modo più bello per ricordarlo sia citare il suo penultimo post su Facebook, nel quale si percepisce tutto il suo straordinario amore per la vita e per il prossimo: “Lavoro per qualsiasi contemporaneo abbia conservato come me una stella filante, un coriandolo almeno di “ragazzità”, che insomma non sia disperatamente convinto di aver capito già tutto della vita, di cosa è più importante a questo mondo, degli altri e di sé. Questo contemporaneo, giovane o vecchio che sia, può contare su tutta la mia amicizia”.
Addio Vittorio e che il viaggio non abbia mai fine.