“Papà, sei di troppo” di Yanis Holt, regia di Mario M. Giorgetti. Roma, Teatro Tordinona (prima edizione italiana)- Ambientato in non lontano futuro, il dramma affronta il tema attuale ed ineludibile della “terza età” come peso sociale da scaricare con il mezzo più estremo
Non si attarda in preamboli, non conosce prologo questo impietoso, indignato dramma futuribile dello statunitense (di lingua italiana) Yanis Holt, permeato di incubi e distopie che sembrano assimilare l’universo beckettiano a quello più incombente ed ineludibile di Bradbury, Dick, Asimov -ed altri campioni (lungimiranti come Tiresia) della fantascienza ‘dark’, ove lo spazio vitale dell’essenza, della dignità umana si immaginano coatti ed implosi a solo vantaggio di un Potere prensile, o grande Fratello, che tutto sorveglia, intuisce, perlustra e previene.
Come in quella sorta di editto- che è fulcro dell’ipotesi drammaturgica- che impedisce agli anziani di “andare oltre una certa età”, specie se non più “cittadini produttivi e consumatori di beni diffusi”: a maggior gloria di un (attualissimo) imperativo capital-finanziario che trasforma il cittadino in suddito, il libero arbitrio in pensiero unico, la scelta di “ciò che serve” in imposizione subliminale, pubblicitaria di “ciò che impone la strategia del mercato globalizzato”
Ed essendo dispendioso, “disdicevole” (poco elegante?) occuparsi della soppressione degli individui “in esubero”, toccherà ai figli doversi occupare della soppressione dei genitori. Avendo il nuovo, spettrale Ordine Dispotico predisposto ad anestetizzare ogni istinto di pietas, di affettività, di solidarietà fra simili. Né più né meno come, nel teatro ellenico, già si profilava sin dai tempi di Creonte e dell’erioina Antigone. Contro cui dovrà arrendersi l’empietà della tirannide, le cui trame si ribalteranno in sciagura e vana espiazione d’una intera stirpe.
Gli ultimi incontri fra l’anziano genitore (che Mario Mattia Giorgetti rende con alta austerità da antico testamento, quasi un’antitesi del mito di Abramo) e dell’impaurito, fibrillante figliolo (che Vincenzo Bocciarelli affronta con l’energia e lo smarrimento di un Isacco inorridito e braccato, sino alla perdita di ogni libido e desiderio vitale) partecipano di un’umanissima, “eroica resistenza” che nega sparizione e sottomissione all’irrazionalità di un incubo. Qui metabolizzato (egregiamente) in serrati dialoghi, brevi stacchi temporali e fervido rinnovarsi di un’insubordinazione geniale ed inter.generazionale.
Non solo in nome della consanguineità, ma nella più ampia accezione di un’esistenza “che è meglio perdere” piuttosto che consegnare alle mille teste di un’Idra di Lerna (e poi Leviatano) che rinasce a se stessa, evo dopo evo.
Parco ed essenziale nel suo disegno iconografico (come un ‘sottosuolo’ dostoewsiano), perfettamente dialettico nella tensiva progressione del dialogo, scandito per incalzanti sequenze “Papà, sei di troppo” (detto così, quasi con tono da commedia americana) suona quasi anaforetico rispetto alla gravità della sua materia. Che sbaglieremmo a classificare ‘apocalittica’, poiché, qui e adesso, la realtà fattuale (geopolitica, genocidica, non solo in Medio Oriente) supera –in presa diretta- l’immaginazione della scrittura drammaturgica e letteraria.
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“Papa, sei di troppo” di Yannis Hott Con Mario Mattia Giorgetti e Vincenzo Bocciarelli Regia e ambientazione di Mario Mattia Giorgetti Compagnia La Contemporanea –Sipario – Fondazione Teatro Italiano Carlo Terron
Roma, Teatro Tordinona In tournée da gennaio 2017