(da Visso, Camerino) – Norcia, Castelluccio di Norcia e Preci sono tra i comuni maggiormente devastati dalla scossa di 6.5° della scala Richter, ore 7.41, di domenica 30 ottobre. La più forte italiana, dal sisma in Irpinia del 1980, avvertita nettamente anche a Roma, che ha inferto il colpo di grazia sia ai comuni reatini e ascolani colpiti dal sisma del 24 agosto, Amatrice in testa, così come ai borghi della provincia di Macerata; rinomate località montane come Visso, Ussita, Tolentino, e la cittadella universitaria di Camerino, che aveva subito pesantissimi danni solo pochi giorni prima. Colpiti al cuore patrimoni artistici secolari, cultura, e cash-flow turistico. Abbiamo visitato due di questi borghi, tra la notte di domenica e lunedì mattina.
Via crucis tra frane e zone rosse
Seguendo il percorso della Valnerina, passate le cascate delle Marmore in provincia di Terni, una frana ha sbriciolato pezzi di montagna, provocando un’esondazione del fiume Nera, rendendo ostico il percorso dei pullman Contram, addetti a caricare gli sfollati di Visso e Ustica; quest’ultima era rimasta completamente isolata.
Un cartello improvvisato, ha deviato il traffico dei mezzi leggeri sulle impervie strade di montagna, che sbocca all’altezza di Casenove dopo oltre un’ora di percorso, e prosegue per Colfiorito di Foligno, all’altezza del bivio per Taverne e Pieve Torina. Scendendo una gola scoscesa, l’asfalto è crepato in più punti; le fenditure profonde sono rese ancora più pericolose da schegge di massi, che si sono schiantati al suolo dalle montagne. Le macerie del paesino sono transennate dalla Protezione Civile, è impossibile congiungersi sulla statale che da Muccia, porterebbe poi a Visso, passando per la galleria principale. Si è costretti a tornare indietro, risalendo fino a risbucare sul bivio principale, dove imbocchiamo la superstrada, deviando poi per Muccia, che da questa parte è libera.
Passiamo il motel Agip, e lo storico hotel Cacciatore. Entrambi sono lesionati e dichiarati inagibili dalle autorità, perdendo così due validi centri di accoglienza per i circa 4.000 sfollati delle comunità adiacenti, che sono quindi forzati a un lungo viaggio, distribuiti lungo le strutture già intasate della fascia costiera, che attraversa Porto S. Elpidio, Civitanova e Porto Recanati. Eppure, proprio a Colfiorito, l’hotel Relais Forti, ricostruito interamente dopo il sisma del 1997 a norma antisismica, è inspiegabilmente ignorato, sebbene il gestore lo abbia messo a disposizione; siamo noi gli unici ospiti, i turisti hanno tutti disdetto le prenotazioni da agosto. Ci dobbiamo nuovamente fermare; la galleria è bloccata da una nuova frana.
Si risalgono le colline adiacenti; lungo il percorso, tende e macchine piene di quegli irriducibili che non vogliono lasciare la zona, anche se le loro case sono inagibili.
Superando un blocco lasciato incustodito nella notte dalle autorità, si arriva a Villa Sant’Antonio, alla periferia di Visso. Qui i crolli sono continuati dal mattino, le ruspe lavorano a ritmi continui, la polvere acceca, e invade i polmoni. Sono le 21, eccoci finalmente a Visso; il centro storico non esiste più, è recintato ovunque, tra le macerie spuntano alcune panchine del parco, divelte dalle scosse. La chiesa del XIV secolo di Sant’Antonio, ha perso la navata centrale; a volerla buttare sul mistico, sembra quasi che l’Anticristo abbia utilizzato il sisma per infliggere un colpo mortale ai simboli sacri; crollata l’inestimabile basilica di San Benedetto da Norcia, i campanili di Camerino e Tolentino, e tanti altri piccoli luoghi di culto danneggiati lungo i borghi umbri e marchigiani.
Sembra incredibile che non ci siano state vittime, né oggi né mercoledì. Secondo il responsabile della CRI di Visso Giovanni Casoni, ciò è dovuto all’opera di messa in sicurezza effettuata dalla Protezione Civile dopo la tragedia del 24 agosto, che ne uccise quasi 300. I 1200 abitanti della cittadina, sono stati quasi tutti evacuati, 200 sono ospitati qui nel centro, e gli altri in via di trasferimento sulla costa; tutti anziani, che, intervistati, hanno mostrato rassegnazione e attesa degli eventi, con la consapevolezza che forse alcuni di loro non rivedranno più le loro case. I giovani, pochi, tengono duro quaggiù.
Camerino sotto chiave
Lunedi mattina a Camerino; impossibile entrare all’interno delle mura, almeno fino a mercoledì, dice l’assessore Antonella Nalli del COC (Centro Organizzativo Comunale)
Anche dai Vigili del Fuoco nessuno spiraglio; il grosso dei soccorritori aggiuntivi è arrivato solo ieri; sono quasi tutti del Nord, nessuno conosce la toponomastica del posto. L’università è chiusa, circa un migliaio di studenti rispediti a casa, e duemila residenti evacuati, 1.500 negli alberghi costieri, e oltre 500 accolti nei centri della CRI, dislocati presso il Palasport e la sede della Contram, l’azienda maceratese dei trasporti. Intervistato il capo della Protezione Civile al Palasport, il Dott. Baggiarini, dichiara esserci 370 sfollati qui, e oltre 200 nell’altro, più piccolo.
La cifra totale delle persone evacuate rimbalzata sui giornali, dai 25.000 ai 40.000, è smentita dallo stesso: è impossibile azzardare delle cifre al momento; potrebbe anche essere di più dato che continua ad arrivare gente, gli alberghi presi in prestito sono già gonfi, i centri d’accoglienza insufficienti. L’ultima immagine che ci appare, è quella delle famiglie in coda al magazzino distribuzione abiti. Pochi hanno fatto in tempo a portar via qualcosa; per avere il permesso di tornare a prendere i loro averi dalle case abbandonate, devono far richiesta, ma i tempi sono lunghi, e le scosse non si fermano.
(foto di Flavio Bacchetta)