Passata è la metà novembre, e di rinnovo della Concessione Rai se n’è finora parlato solo tra analisti. Il merito va ad un’ulteriore proroga, inserita nella legge per l’editoria pubblicata a fine ottobre, che oltre a fare qualche pasticcio ha postato al prossimo 31 gennaio il termine ultimo per questo confronto. Ma oltre a far slittare la data, questo passaggio ha chiarito che la Concessione sarà snella, con allegata una più robusta Convenzione (che sembrava scomparsa con la legge Gasparri). Quindi il testo della Concessione/Convenzione dovrà essere presentato in Consiglio dei Ministri entro dicembre, considerando i 30 giorni riservati alla Commissione di vigilanza per esprimere il suo parere. Dobbiamo quindi sperare ed augurarci che, anche in così poche settimane, dense di altre emergenze pre e post referendarie, si faccia tesoro delle migliori soluzioni, guardando sia alle tante iniziative avanzate da esperti della comunicazione nostrana che alle misure proposte all’estero per il futuro prossimo dei servizi pubblici televisivi.
Per nostra fortuna, questo costante procrastinare del rinnovo della Concessione Rai, ci ha portato ad avere scadenze coincidenti con la prossima Concessione e Convenzione britanniche (che loro chiamano Royal Charter e Framework Agreement). Ai tanti stimoli prodotti nei mesi passati si aggiungono quindi 113 pagine ben scritte che possono offrire alla direzione Rai modelli con cui confrontarsi. Non si tratta, né potevano essere, documenti politicamente neutri. In queste pagine si coglie la mano, talvolta sprezzante, del governo dei tories, che ha tolto alla “vecchia zia” gran parte della sua aura speciale e quasi istituzionale. Abolito il Trust, che rappresentava egregiamente gli abbonati, la BBC tornerà ad avere un unico board, che come tutte le imprese televisive risponderà all’Ofcom, l’Autorità per le comunicazioni del Regno Unito.
Ma la BBC non ha solo accusato sotto l’intervento dei conservatori. Rispondendo con logica ai molti attacchi, il più vecchio servizio pubblico d’Europa (ancora per un po’, almeno) ha ottenuto alcune rilevanti contropartite che cambiano la sua storia e, forse, la storia dei servizi pubblici europei. Innanzitutto il finanziamento tramite canone – da anni fisso a 145,5 sterline l’anno – sarà determinato in due tranche quinquennali, non solo per rafforzare l’indipendenza dal Governo, ma anche perché contare su risorse di medio periodo è decisivo per trasformare l’azienda, nella tempesta che sta investendo il mondo dei media.
Il Board della BBC sottoporrà all’Ofcom di volta in volta tutti i cambiamenti rilevanti (material) che riterrà necessari in questa tempesta, per svolgere meglio le sue missioni di servizio pubblico con le risorse del canone assegnate. Ofcom potrà non accettare tali cambiamenti se ravviserà, sulla base di un test strutturato, un indebolimento del ruolo di servizio pubblico da parte della compagnia, o uno sforamento di questo a danno della concorrenza.
Non solo: la BBC conquista una vasta libertà nello svolgere sia all’estero, ma molto più in patria, nuove attività profittevoli. In queste attività, che sono definite “non di servizio pubblico”, il test dell’Ofcom prenderà in considerazione altri parametri:
– non devono usare risorse da canone, né direttamente, né indirettamente
– non devono danneggiare i concorrenti privati in misura maggiore dal perseguimento di obiettivi di valori pubblici connessi con queste nuove iniziative.
Avanziamo un esempio: BBC Studioworks, nata a maggio, è una società controllata, che produrrà film, serie tv, documentari per tutte le emittenti nazionali e estere, pubbliche e private. Agisce con le stesse regole degli agguerriti concorrenti americani e britannici, e quindi non risente dei tetti, come quello degli stipendi, a cui è vincolata la BBC. Può produrre anche contenuti non di servizio pubblico, ma che abbiano l’obiettivo di rafforzare la creatività nazionale e/o di farla conoscere nel mondo. Nella Charter si rinvengono numerosi altri spunti interessanti, relativi alla necessità di sviluppare competizione tra strutture di riproduzione Bbc e parti terze che, impiegate nella produzione di programmi, possano beneficiare tanto delle risorse del servizio pubblico che del suo brand. Ma non solo: si guarda ai servizi in lingua estera, all’informazione locale, all’educazione, alla copertura terrestre e broadband. In ogni caso va apprezzato lo sforzo di consentire all’azienda flessibilità e responsabilità nei cambiamenti. Non sono esclusi neanche iniziative pay o finanziate da sola pubblicità, che fino adesso riguardavano esclusivamente le trasmissioni negli altri paesi, beninteso sempre senza usare una lira di canone.
A fronte di tante idee – alcune delle quali non condividiamo, ma che ci appaiono comunque interessanti e stimolanti -, ci permettiamo di consigliare questa lettura a chi si appresta a scrivere la nuova Convenzione Rai, perché riflette la drammaticità dei problemi che assediano tutti i servizi pubblici e perché contiene un’idea di futuro realizzabile. Perché qualcosa in Rai la si sta facendo, ma non si può continuare con i rinvii, i tagli randomici di canone, le separazioni contabili pasticciate, la costante ossessione dell’auditel ed i prodotti che, con un occhio, guardano al servizio pubblico, ma che con l’altro puntano alla pubblicità.