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Rai, chi ha rubato il piano editoriale?

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La Rai è un’azienda che da sempre è anche un termometro del clima della politica. E quando in Rai la febbre comincia a salire, vuol dire che l’intero palazzo è entrato in fibrillazione. Ora, anche se non si sa come andrà a finire il referendum del 4 dicembre, a viale Mazzini sono già cominciate piccole e grandi manovre. Eh sì! Perché un conto è se Renzi resta al suo posto, altro se questo governo cade. Il segnale evidente che i giochi nella Rai si sono riaperti viene dalla pubblicazione sull’Espresso di un documento segreto. Il nuovo piano editoriale da cui dipende il futuro dell’informazione del servizio pubblico è stato rubato. Chi è il colpevole?

In Rai mentre è in corso la “caccia al ladro”, qualcuno ha cominciato a spargere veleni e accuse incontrollate. Chi aveva interesse a far uscire quelle 80 e passa cartelle segretate del nuovo piano? È stato Carlo Verdelli, il direttore editoriale per il coordinamento dell’offerta informativa? No, è stato Antonio Campo Dall’Orto, il direttore generale? Che interesse avevano? Gettare un sasso in piccionaia per vedere l’effetto che fa? No, no, dare una prima risposta all’accusa di immobilismo. Eh sì, perché perfino il sottosegretario alle comunicazioni, non è stato tenero verso il nuovo vertice. Giacomelli, in un’intervista al Corriere della Sera, ha detto: “Metà del mandato di questa dirigenza è già passato. Con la riforma gli abbiamo dato poteri, strumenti e risorse. Pretendiamo un cambio di passo”.

Personalmente non credo proprio che Verdelli o Campo Dall’Orto abbiano voluto correre il rischio di “bruciare” il nuovo piano prima ancora di sottoporlo al consiglio di amministrazione e poi alla Commissione bicamerale di Vigilanza. Qualcun altro ha voluto mettere in difficoltà il nuovo vertice della Rai. Ed è per altro sorprendente che le critiche del sottosegretario Giacomelli siano uscite proprio lo stesso giorno dello scoop dell’Espresso. Come se anche lui – che annunciava il record di 2 miliardi raccolti con il canone nella bolletta elettrica – di quel piano editoriale non sapesse nulla.

Peccato! Anche perché credo che proprio l’informazione dovrebbe essere il piatto forte della nuova concessione/convenzione che il governo si è impegnato ad approvare entro fine gennaio 2017, in grande ritardo (era scaduta nel maggio di quest’anno). E’ vero o no che la concessione/convenzione è pronta ma che il sottosegretario la tiene chiusa in cassaforte? Non si è voluto portarla al consiglio dei ministri per evitare di aprire un fronte di scontro politico prima del referendum? Se è così il risultato è che la Rai continua a navigare a vista, senza bussola. E dopo il referendum il rischio è che i tempi si allunghino ancora di più, costringendo il governo – vecchio o nuovo, non importa – a procrastinare la discussione sulle regole che dovrebbero condizionare lo sviluppo del servizio pubblico dell’audiovisivo nei prossimi dieci anni.

Intanto dalla lettura del “piano rubato” si evince che in Rai almeno sull’informazione “un cambio di passo” importante e coraggioso è progettato. A proposito dei telegiornali e non solo si parla di “staticità, rigidità, ingessatura” e fra le novità di cambiamento c’è il Tg 2 a Milano, la fusione in una Newsroom Italia fra Rainews24 e la testata giornalistica regionale, la fusione fra Rai parlamento e Gr parlamento in una testata Rai Istituzioni, la progettazione di una canale Italia in lingua inglese. Altra fusione, tra la parte tv e radio di Rai sport. E poi una piccola sacrosanta rivoluzione nelle notizie online. “I siti Rai viaggiano intorno ai 230 mila utenti unici contro i 3 milioni e mezzo di visitatori di Repubblica”. Insomma c’è un baratro da colmare. “E le scelte servono adesso, nei prossimi due anni, dopo potrebbe essere troppo tardi”. “I tempi non stanno cambiando, sono già cambiati. L’informazione Rai, no”.

È chiaro che questo approccio innovativo e radicale crea scontento, nei sindacati, nei partiti. Ecco allora che a questo punto più che le critiche al gruppo dirigente Rai servirebbe davvero “un cambio di passo” nel governo, anche nel ministero delle Comunicazioni.
Ci piacerebbe che qualcuno rubasse dalla cassaforte di Giacomelli le linee guida per la nuova concessione/convenzione, per capire se si tiene conto di alcuni passaggi che potrebbero essere strategici per il servizio pubblico dei prossimi dieci anni. Risorse quinquennali e non annuali, e soprattutto risorse sufficienti per la grande trasformazione.

Si parla di società distinte fra operatore di rete e fornitore di contenuti? Si apre a una divisione societaria che promuova la creatività e la produzione indipendente di audiovisivi? Basterebbe che qualcuno avesse letto la nuova Carta della Bbc.

Fonte: “Huffington Post”


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