Durissima condanna per l’ex sottosegretario dell’ultimo governo Berlusconi, al termine del lunghissimo processo iniziato il 10 marzo 2011 e spalmato in 141 udienze, forse il più lungo celebrato con un solo imputato. La pena è stata di nove anni di reclusione e due anni di libertà vigilata. L’ex sottosegretario Pdl Nicola Consentino, a lungo coordinatore campano di Forza Italia, è accusato di concorso esterno in associazione camorristica. Questa è stata la sentenza della prima sezione collegio C del Tribunale di S. Maria Capua Vetere presieduta dal magistrato Gian Paolo Guglielmo. Assoluzione soltanto per un capo di imputazione residuale, quello relativo allo scambio di assegni e titoli di credito e l’impresa di famiglia dell’imputato l’Aversana Petroli.
In cinque anni e mezzo il pm Milita aveva chiesto 16 anni di condanna. Tra i testimoni sono stati sentiti i big del clan Carrino, Franco Carrino e alcuni tra i leader della politica campana tra i quali Antonio Bassolino ex governatore della Campania, sentito nel febbraio 2012 per rispondere a domande sull’emergenza rifiuti. Sono stati sentiti anche l’ex parlamentare Lorenzo Diana e l’ex ministro dell’Ambiente Altero Matteoli.
Le 199 pagine dell’ordinanza di arresto nei confronti di Cosentino vengono firmate il 7 novembre dall’allora gip di Napoli Raffaele Piccirillo. Arresto più volte respinto dalla Camera fino al 15 marzo 2013, giorno in cui Cosentino, non ricandidato per decisione di Berlusconi e privo delle garanzie parlamentari, si costituisce presso il carcere di Secondigliano. Dopo qualche mese di carcere e di arresti domiciliari fuori regione, a fine 2013 Cosentino torna libero e si rimette a fare politica. E’ l’ispiratore di Forza Campania, gruppo consiliare regionale che intende fare la fronda alla gestione napoletana e campana di Luigi Cesaro e Domenico De Siano e a mettere in difficoltà il rivale, presidente della Regione di Forza Italia, Stefano Caldoro. Ma il 3 aprile 2014 torna in carcere con accuse di estorsione ai danni di un imprenditore dei carburanti concorrente dell’impresa di famiglia di Cosentino. ” Nel frattempo l’ex sottosegretario è stato accusato dalla DDA di Napoli di concorso esterno in associazione camorristica ed è stato sin dal 1980 al 2014 di esser stato il referente politico-istituzionale del Clan dei Casalesi dai quali avrebbe avuto sostegno elettorale e capacità di intimidazione e ai quali avrebbe offerto la possibilità di partecipare ai proventi degli appalti del ciclo dei rifiuti e delle assunzioni. L’impianto accusatorio si è concentrato intorno alle vicende dell’Eco 4 con a capo i fratelli Sergio e Michele Orsi
(quest’ultimo ucciso nel 2008 dall’ala stragista del clan di Giuseppe Setola) imprenditori vicini al clan dei Casalesi nonché società operativa del Consorzio dell’ECO4 con a capo Giuseppe Valente, diventato poi nel corso del dibattimento uno dei testi principali della Procura. Questo è il contesto in cui la Procura ha collocato gli sversamenti illeciti nel Casertano e fuori Regione e la mancata realizzazione dell’inceneritore di Santa Maria La Fossa.
Cosentino avrebbe fatto finta di appoggiare i comitati che si battevano contro l’impianto per favorire invece un altro progetto. Cosentino avrebbe avuto un controllo assoluto delle assunzioni e degli incarichi all’interno della ECO4.
L’inchiesta giudiziaria prende il via dal pentimento di Gaetano Vassallo, il ministro dei rifiuti del clan Bidognetti.”L’ECO4 è una creatura mia, la Eco 4 song’io, avrebbe detto l’ex deputato a Vassallo. A verbale il collaboratore ricostruisce i contatti e i suoi rapporti con l’ex parlamentare. Si sarebbe recato a casa sua per incontrarlo-ne descrive le stanze per discutere di un suo ruolo in una società controllata dall’Eco 4. Vassallo racconta che Cosentino gli risponde di no spiegandogli che in quel momento comandava il gruppo camorristico degli Schiavone che avevano estromesso i soldati di Bidognetti. Per il pm Cosentino aveva un progetto, quello di realizzare il ciclo integrale dei rifiuti nel Casertano e per questo con Impregeco mette in atto un piano. E, dall’altro, sfruttava il suo ruolo e le sue relazioni per favorire la camorra in cambio di voti.”
La difesa ha messo in discussione l’attendibilità dei collaboratori di giustizia “completamente inattendibili per le versioni discordanti”. I legali hanno preannunciato che ricorreranno in appello.