Tra le molte preoccupazioni che l’elezione di Donald Trump alla presidenza degli Usa ha fatto emergere c’è la tenuta degli impegni del paese nei confronti dei diritti umani, sia nel paese che all’estero. Le precedenti presidenze repubblicane, in particolare il doppio mandato di George W. Bush, hanno contribuito a indebolire il sistema internazionale dei diritti umani. Che speranze abbiamo, oggi, che l’amministrazione Trump s’impegni a rafforzarlo?
Abbiamo ascoltato, nella corsa alla Casa Bianca, un linguaggio preoccupante, a volte velenosamente retorico, da parte del candidato Trump: parole xenofobe, sessiste e di odio di Trump che se diventassero politica di governo significherebbero un completo disastro per i diritti umani.
Il presidente uscente, Barack Obama, dovrebbe fare ricorso a tutti i poteri rimastigli per fare almeno due cose: chiudere il centro di detenzione di Guántanamo e concedere la grazia a Edward Snowden (il 24 novembre esce in Italia lo straordinario film di Oliver Stone sulla sua vicenda). Non sono fiducioso che lo farà.
Così, è probabile che l’elenco delle questioni riguardanti i diritti umani su cui Trump dovrà scegliere da che parte stare, sarà ancora più lungo: le uccisioni ormai semi-quotidiane da parte delle forze di polizia, la militarizzazione della risposta alle proteste di massa, le condizioni detentive nelle carceri di massima sicurezza, l’assenza di giustizia e risarcimenti per le vittime di violazioni dei diritti umani, i programmi illegali di sorveglianza di massa (per l’appunto denunciati da Snowden), l’uso dei droni, il commercio irresponsabile di armi e altro ancora.
Questioni riguardanti i diritti di oltre 300 milioni di cittadini statunitensi e quelli di alcuni miliardi di persone nel mondo…