Il giornalismo è ormai recepito ovunque, dai potentati, i circoli mafiosi ma anche dalla politica, come il testimone fastidioso da tacitare e sul quale scaricare rabbia, accuse, attacchi fisici e legali, quando non addirittura augurare il carcere o peggio. Anche quando non si parla di inchieste scottanti ma solo di diffusione di affermazioni registrate. Basti ricordare l’episodio di ieri a Napoli, dove addirittura davanti al Comando provinciale dei carabinieri, un videoreporter di Sky che stava filmando l’uscita degli arrestati appartenenti ad un clan di camorra è stato malmenato e minacciato dai parenti degli inquisiti. Ma anche l’accredito negato dalla Juventus ai cronisti della Gazzetta dello sport. O ancora l’ultimissima esternazione del governatore campano Vincenzo De Luca che, per giustificarsi delle gravissime espressioni su Rosy Bindi, ha subito attaccato il “giornalismo spazzatura” che si era permesso di riferire al pubblico quanto un alto esponente delle istituzioni considerava normale proferire. Salvo poi smentirsi e doversi scusare pubblicamente.
E nella puntata di Report appena andata in onda, nell’inchiesta sull’Azerbaijan, un altro esponente delle nostre istituzioni, il senatore della Lega Nord Sergio Divina, presidente del gruppo interparlamentare di amicizia Italia Azerbaigian, sui prigionieri politici nelle carceri azere, un centinaio tra i quali anche giornalisti, risponde (testualmente) che anche da noi qualcuno “meriterebbe qualche mese di carcere in più”.
I dati che arrivano dall’Agenzia europea dei diritti umani parlano da soli: 92 episodi di minacce, pressioni, attacchi solo nei primi nove mesi dell’anno, erano 82 nel 2015. E nella classifica, subito dopo di noi, la Francia ne ha registrato “solo” 55. Un’emergenza ormai insopportabile, e le nostre istituzioni non possono più far finta di nulla.
Per questo giovedì 24 dalle 10 Articolo 21, con il direttivo e tutte le iscritte ed iscritti, sarà con Fnsi e tutte le associazioni per la libertà di stampa a piazza delle Cinque lune, vicino al Senato, e insieme a noi ci saranno i tanti, troppi cronisti e croniste sotto scorta, e con loro le donne e gli uomini delle forze dell’ordine chiamati a proteggere il nostro diritto ad essere informati.
Il Parlamento deve cancellare il carcere per i giornalisti e va approvata finalmente una legge davvero efficace per fermare le querele temerarie, bavaglio insormontabile ormai anche per i media più robusti. Ripristiniamo l’articolo 21 della nostra Costituzione, riaffermiamo senza esitazione il dovere d’informare e il diritto ad essere informati!