Vado alla manifestazione contro la violenza di genere “Non una di meno”, perché è un modo di chiedere l’applicazione della Costituzione. “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale” proclama l’art. 3. E quando elenca le violazioni di eguaglianza che sono inammissibili, inizia proprio dalla distinzione di sesso. La più antica, perché si basa sulla differenza di forza fisica tra uomo e donna, decisiva quando la legge del più forte misurava la dignità con la violenza che una persona poteva sprigionare in una comunità, familiare e sociale. Questa richiesta del mondo femminile mi riguarda anche se sono un uomo. Anzi, proprio perché sono un uomo. Perché il suprematismo maschile è ancora presente e latente, anche se cromato da un sottile strato di “politicamente corretto”. Pronto a riemergere non appena il valore dell’eguaglianza si indebolisce.
Noi uomini dobbiamo ripudiare la forza come arma per sottomettere le donne. Non mi riferisco solo al tragico estremo del femminicidio, ma a tutte quelle tecniche di svalutazione del femminile, che i maschilisti esercitano con la pressione psicologica, il doppio senso volgare, il pregiudizio stupido. Tutte azioni che si sommano spesso all’avvilimento pedagogico già operato dai genitori, che ripartiscono i ruoli tra figli e figlie, riservando i più gravosi a queste ultime, senza che nemmeno la madre si opponga, perpetuando così la stessa diseguaglianza che ha subito. Anzi alcune madri arrivano a viziare i figli maschi con una dedizione al limite del servile, pur di dare un senso alla loro rinuncia egualitaria.
L’autocontrollo della propria aggressività in una disputa è il punto più alto di maturità relazionale. Non è facile raggiungerlo. Ma nel rapporto uomo-donna è cruciale. Ed è il primo indicatore di eguaglianza. Chi non ha rispetto per l’altro sesso, spesso lo nega anche per distinzioni di “razza, lingua, religione, opinioni politiche, condizioni personali e sociali”, come recita sempre l’art. 3 della nostra Costituzione, che vale più di un trattato di sociologia.
Scendo in piazza perché l’eguaglianza ha bisogno di manutenzione. Soprattutto verso me stesso.
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