Il 15 novembre sapremo se l’incubo che dalla fine del 2013 sta vivendo il blogger mauritano Mohamed Cheikh Ould Mohamed, noto anche come Mohamed Ould M’Kaitir, sarà terminato. Martedì prossimo, infatti, la Corte suprema riesaminerà la condanna a morte inflittagli in primo grado nel gennaio 2014 per “blasfemia”.
La condanna si era basata su un post pubblicato da Mohamed Cheikh Ould Mohamed il 31 dicembre 2013 sul portale “Aqlame”, dal titolo “Religione, religiosità e artigianato”. Da subito, Mohamed Cheikh Ould Mohamed ha cercato di spiegare che il post intendeva criticare il sistema castale della Mauritania, così radicato da prevedere ancora la schiavitù, seppur formalmente abolita anni fa. A più riprese ha dichiarato che non aveva voluto in alcun modo offendere il profeta Maometto e che, se così era stato interpretato, era pronto a riconoscere l’errore e a chiedere perdono. L’articolo 306 del codice penale mauritano attribuisce alla Corte suprema , qualora ne riconosca il pentimento, il potere di annullare o ridurre la condanna di Mohamed Cheikh Ould Mohamed a due anni e a una multa equivalente a circa 150 euro.
Le organizzazioni per i diritti umani stanno spingendo per l’annullamento o la riduzione della condanna che, dopo quasi tre anni trascorsi in carcere, significherebbe il rilascio immediato del blogger. Se, come ci auguriamo, Mohamed Cheikh Ould Mohamed verrà scarcerato, le autoritò dovranno proteggerlo dai molti esponenti religiosi locali che, nel corso di questi anni, lo hanno tacciato di essere infedele minacciando di fare “giustizia” da soli se lo stato non l’avesse garantita.