Un caffè al buio, che scrivo da New York senza aver letto i giornali italiani perché, mentre scrivo, non sono stati ancora stampati. Le presidenziali, per prima cosa. Hillary è data in ripresa, 44% per lei, 40% per Trump. Il segnale più importante viene dagli ispanici, corsi in massa a votare soprattutto dove la Clinton avrebbe potuto perdere. Quella promessa di alzare un muro alla frontiere con il Messico forse Trump la pagherà cara. Non solo, fra gli afroamericani e i millennials potrebbe affermarsi una tendenza al voto utile: Hillary non è il candidato che avrei voluto ma Donald meglio di no, grazie. Inoltre l’intervento, pesantissimo, di Obama sul FBI ha avuto effetto: James Comey, il direttore repubblicano dell’agenzia, ha annunciato che non incriminerà la Clinton per il famoso “mailgate”. Uno degli argomenti dell’ultima ora usato da Trump, “vedrete sarà incriminata dopo il voto” è dunque caduto. resta l’incognita del Senato, che potrebbe cadere in mano ai repubblicani. E poi quella, a mio avviso, ancora più grande, di cosa farà Clinton da Presidente. Se cioè abbandonerà l’autocritica e il multilateralismo di Obama per tornare alla dottrina Truman. O si ricrederà.
La sinistra Pd è diventata un’ossessione, di Renzi; ha proprio ragione Stefano Folli. Senza la platea adorante, il discorso del segretario premier avrebbe sbalordito e preoccupato ogni ascoltatore. “Viviamo il tempo dell’odio, il 4 dicembre è la loro ultima occasione per tornare in pista: lo hanno capito pure i bambini”. “In parte del nostro partito è prevalso il messaggio che gli stessi che 18 anni fa decretarono la fine dell’Ulivo perché non erano loro a comandare la sinistra stanno decretando la fine del Pd perché hanno perso un congresso e usano il referendum come lo strumento per la rivincita”. “La ditta vale solo quando ci sono loro, usano il referendum per la rivincita”. Matteo, suvvia svegliati, ti hanno votato tutto quello che volevi, sono rimasti ostinatamente nel Pd mentre la tua politica e i tuoi amici cacciavano gli iscritti e respingevano i voti verso il silenzio dell’astensione o la protesta del voto ai 5 Stelle. Matteo non intende, è prigioniero delle sue ossessioni: il giovane rottamatore è ormai un vecchio conservatore impaurito. D’Alema, Bersani, sono “Gattopardi”, dice. E chi ogni giorno ringrazia Alfano e Verdini per i loro voti decisivi, invece? Ma il corto circuito più divertente si è consumato alla Leopolda con lo psichiatra-giornalista, Recalcati. C’è il rischio che i giovani “cadano prigionieri” del populismo e dell’antipolitica, ha sostenuto e Matteo si è commosso: “intervento assolutamente straordinario”, ha twittato. Il “giovane” che ha paura dei giovani!
Non voglio rinunciare al mio razionale pessimismo. È possibile che dopo una propaganda ossessiva, da Grande Fratello, durata mesi e mesi, dopo ingerenze offensive – ma digerite in un paese provinciale – dei governanti americani ed europei, e dopo la resa (a parole) sull’Italicum, è possibile che Renzi superi lo scoglio del 4 dicembre. Ma in quel caso riconsegnerebbe Palazzo Chigi al Movimento 5 Stelle. O alle destre, qualora togliesse il doppio turno e accettasse il premio alla coalizione. Lui ha scavato un solco a sinistra che non pare ricomponibile, con chi potrebbe coalizzarsi? Con Berlusconi, contro Grillo e Salvini? Campa cavallo. La destra non fa simili favori. Lo dico serenamente, pacatamente, la parabola di questo brillante ragazzo, in fondo migliore dell’immagine che trasmette di sé, si è già conclusa. Vecchio tra i vecchi. Rottamatore in procinto di essere rottamato. Gattopardo e trasformista. Delle sue promesse non è rimasto che la sua persona a Palazzo Chigi. Ha ragione il mio amico Giuseppe La Barbera: “Renzi abbondona il fantasma di Luigi Bonaparte e si approssima a quello più italico di Luigi Cadorna. Mentre il potere resta tuttora savoiardo”.